mercoledì 1 marzo 2023

Elly Schlein e la minoranza nel Partito Democratico



La vittoria di Elly Schlein è stata una sorpresa, nessuno l’aveva prevista: forse neanche il suo staff. Chi sicuramente non se l’aspettava sono gli iscritti al Partito Democratico che si erano espressi a maggioranza per Stefano Bonaccini.


Può sembrare un dettaglio superabile dall’euforia del momento ma, la differenza fra la scelta dei tesserati al PD e quella dei non iscritti peserà nel percorso di Schlein. Non è infatti banale che la svolta a sinistra del Partito Democratico sia stata scelta da chi non è iscritto a quella comunità politica.  

È l’enorme contraddizione del PD che consente a chiunque di votare il proprio segretario; finora è andata sempre bene perché i non iscritti hanno sempre confermato il voto dei tesserati, questa volta si è verificato il caso di scuola che mette in crisi il sistema delle primarie.


Che senso ha pagare una tessera se lo stesso diritto a cui fa accedere viene esteso a tutti gli elettori? Questa è la domanda che potrebbe porsi un iscritto e alla quale c’è un’unica risposta ragionevole: nessuno. Ne abbiamo avuto la dimostrazione domenica quando l’elettorato generico ha capovolto il voto degli iscritti. Si rende quindi nulla la tessera che diventa un semplice pezzo di carta perdendo tutto il suo significato politico, sociale e identitario.


Quando sarà passata l’euforia Schlein dovrà ricordare come rappresenti una minoranza all’interno del Partito perché, a meno di un boom di nuovi iscritti, è questa la reale situazione che troverà in casa. Allora, se posso offrire un consiglio non richiesto ad Elly Schlein, piuttosto che un posto nella segreteria al campeggiatore Mattia Santori, Stefano Bonaccini agli enti locali sarebbe una carta strategica per avere solide fondamenta.


Come la storia recente ci dimostra le scissione non portano bene né agli scissionisti né agli scissi: lasciare Bonaccini a Calenda non sarebbe quindi una mossa lungimirante; lasciare Santori a Bologna non causerebbe invece danni, anzi: dimostrerebbe che la politica ha ancora un timido rigore. 


Un’opposizione radicale a Giorgia Meloni sarà sicuramente un obbiettivo da porsi ma ricordando il vero significato dell’opposizione. Se inizierà una sfilza di no ai  quali non seguiranno proposte alternative, il nuovo PD rimarrà il vecchio; se invece a fianco dei no compariranno soluzioni alternative l’offerta si farà interessante. 


Il riformismo è il contrario di conservatorismo, non di radicalismo. Bisogna tenerlo in considerazione quando si taccia Schlein di aver spazzato via l’anima riformista. Si può essere radicalmente riformisti proponendo uno sviluppo basato su principi chiari e definiti, che è quello che sembra essere nelle corde della Schlein.


Elly Schlein sta facendo lo stesso effetto che fece Giorgia Meloni nelle sue prime ore a Chigi: il terrore per lo scardinamento di tutto e tutti per poi scoprire che non metterà mai il Trentino Alto Adige al posto della Sicilia.