martedì 18 settembre 2018

"Sulla mia pelle", un film per una coscienza collettiva

Immagine dal film

Un tuffo negli scuri abissi, nelle cupe stanze in una notte pesta. Quando si riaccendono le luci fatichi ad alzarti dalla poltrona intriso di angoscia, dolore e indignazione.

E’ quello che accade allo spettatore di “Sulla mia pelle”, il film nel quale Alessandro Borghi opera una vera e propria metamorfosi dando nuovamente vita a Stefano Cucchi: il giovane romano morto d’indifferenza sette giorni dopo il suo arresto. Sono proprio quei sette giorni di agonia, di dolore, di preoccupazione che racconta Alessio Cremonini in un film perfetto che dovrebbe essere proiettato sui muri di ogni città.

Sulla vicenda di Stefano Cucchi si può leggere molto ma quando appare sullo schermo, su quella branda della cella di sicurezza, tutto ciò che si è letto scompare lasciandoti solo con tutti quei suoni corporali, quelle luci fredde che diventano gelide per l’indifferenza che quel corpo tumefatto ha incontrato in tutto il personale dello Stato in cui si è imbattuto in quei sette giorni. Un declino lento sotto gli occhi del visibile nessuno. Circa 140 persone hanno avuto a che fare con Stefano durante quella settimana di calvario, circa 280 occhi l’hanno visto.

Un cast perfetto, impeccabile che suscita emozione. Un Max Tortora che, attraverso un abbraccio, comunica un’infinità di parole. Una Jasmine Trinca che rappresenta tutti gli aspetti di Ilaria Cucchi facendone emergere quell’amore severo che solo una sorella può incarnare. Un Alessandro Borghi che utilizza tutti gli strumenti, i linguaggi, per raccontare Stefano in quei sette giorni di agonia. Cento minuti che umanizzano Stefano Cucchi nei suoi tanti aspetti restituendogli quella dignità che gli è stata negata.

Un film nel quale entrano tutte le emozioni fino all’ultima di esse: la rabbia per quell’indifferenza burocratica, paradossale, scaricabarile che si attorciglia su sé stessa  non fermando una china impetuosa. Sono cento minuti in un mondo buio, pieno di suoni vuoti, di atteggiamenti pressappochisti talmente disumani da suscitare nello spettatore la domanda: che mondo è? La risposta ci coinvolge tutti perché, il mondo rappresentato sullo schermo per cento lunghi minuti, è il nostro. E’ questo, è quello in cui ci svegliamo ogni mattina, quello in cui leggiamo di tanti esseri umani massacrati perché ritenuti ultimi.

“Sulla mia pelle” è la realtà che ci viene mostrata: non esistono personaggi, esistono persone. E’ una descrizione inquietante con la quale fare i conti. Non è possibile rifugiarsi dietro la narrazione cinematografica: quella proiettata sullo schermo è la realtà della quale dobbiamo conservare dentro di noi un po’ di dolore, un po’ di angoscia e un po’ d’indignazione.