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Immagine di repertorio |
Il tragico crollo del ponte Morandi a Genova ha innescato una serie di reazioni che hanno portato a episodi politici rilevanti. Intendiamoci: non parlerò né di stralli né di solette, tutti discorsi nei quali non entrerò. Questa tragedia ha innescato il secondo terremoto politico dopo quello del 4 Marzo.
Dalle immagini dei funerali di Stato possiamo trarre alcuni elementi interpretativi interessanti. Ad esempio le contrapposte reazioni del pubblico all’entrata dei leader di governo e di opposizione. I fischi al Partito Democratico e gli applausi a Di Maio e Salvini ci suggeriscono un ragionamento urgente. La Sinistra in questo Paese è morta. Quando viene fischiato il partito che piaccia o meno è considerato di Sinistra, quegli stessi fischi colpiscono anche le altre organizzazioni definite dagli addetti ai lavori come a Sinistra del PD. Nel momento in cui il centravanti della Sinistra perde popolarità, il problema è di tutta l’area. I partiti minori non potranno più contrastare il maggiore, questo non esiste più: di conseguenza non avranno più rilevanza mediatica in un sistema comunicativo egemonizzato dai due leader di governo.
Se questo potrebbe sembrare un ragionamento astratto, c’è un elemento più concreto che deve richiamare l’attenzione: la costante appropriazione, da parte del Governo Lega-Cinque Stelle, di temi appartenuti finora alla Sinistra. E’ indubbia la capacità nell’entusiasmare sui temi del lavoro di Di Maio, il quale in ogni intervista fa proprie battaglie considerate di Sinistra.
Con il crollo del ponte Morandi il governo paglierino ha scippato alla Sinistra un’altra parola molto evocativa: nazionalizzazione. Posto che i governi di Sinistra degli ultimi vent’anni hanno aperto la strada alla privatizzazione andando cioè contro la loro identità culturale, l’utilizzo del termine “nazionalizzazione” fatto da Di Maio costituisce il secondo colpo al cadavere già immobile. Ciò al netto della fattibilità delle nazionalizzazioni annunciate: nell’era della comunicazione conta l’annuncio, non il fatto. Con esso, infatti, si entusiasmano i sostenitori, si strizza l’occhio a possibili elettori futuri e si svuota con il badile la Sinistra.
Quando invito la Sinistra a comprare canne da pesca e a scegliersi un lago non lo scrivo per strappare un sorriso: è quello che dovrebbe fare chi sta facendo di tutto per sparire dalla scena politica. Parallelamente all’impegno scientifico profuso per uscire di scena, converrebbe cercare un luogo nel quale trascorrere la tanto ricercata latitanza.
L’odio viscerale per il Partito Democratico, incitato dallo stesso, non porterà a tempi buoni per i partiti alternativi. Ad essere in crisi è un’intera cultura, e non per cause internazionali come qualcuno sostiene per autoassoluzione, ma perché negli ultimi anni, chi a suo malgrado si è trovato a rappresentare la cultura di Sinistra al governo, ha espresso politiche di segno opposto.
Non si finga di sapere come fare: non si tratta di ricostruire un partito ormai slabbrato, devastato e inerme; si tratta di ricostruire un’intera cultura politica. E un’operazione simile non è possibile in cinque anni.