mercoledì 18 aprile 2018

La verità sul caso di Stefano Cucchi riguarda la collettività. E’ ora che la politica se ne accorga


Stefano Cucchi
Ogni volta che leggo sviluppi sul caso di Stefano Cucchi provo grande imbarazzo nel percepire quanta polvere incrostata ci sia sotto il tappeto; di quanta schifezza ci sia nel pentolone tutto ad un tratto scoperchiato.

Gli ultimi sviluppi sono qualcosa di inquietante che suggerisce come ci sia un sistema malsano. Ufficiali dell’Arma avrebbero chiesto di riscrivere i verbali che riportavano le condizioni in cui si trovava Stefano, diluendone la descrizione. Probabilmente erano verbali troppo dettagliati per un semplice tossico che non meritava attenzioni. Un signor nessuno da poter trattare in modo disumano sfogando i propri atteggiamenti. Al massimo avrebbe occupato le pagine di cronaca per due giorni, poi sarebbe diventato un numero da sommare agli altri. Chissà se furono questi i ragionamenti di quegli ufficiali? Se sono stati questi i loro pensieri, hanno trascurato il desiderio di giustizia di chi amava quel “numero”, di chi se l’è visto portare via dall’emblema di garanzia.

L’indagine andrà avanti e magari coinvolgerà anche chi, fino ad ora, è stato ben coperto dietro le quinte, chiuso in uffici d’orati. Tuttavia c’è un elemento che purtroppo persiste: l’indifferenza della politica; l’assordante silenzio dei nostri rappresentanti che hanno una responsabilità politica di quanto accaduto. Le poche volte che escono dal guscio lo fanno con Tonelli e Giovanardi le cui dichiarazioni non fanno che aggravare il debito accumulato dalla politica con il suo silenzio. Badate, quando parlo di “politica”, parlo di tutte le parti senza alcuna esclusione. Il signor Vazio certamente è al primo posto per lo scempio di cui si è fatto relatore; tuttavia, anche tutti gli altri, non se la cavano meglio. Da poco si è conclusa la fiera dei programmi elettorali all’interno dei quali il tema dei diritti umani, se menzionato, compariva all’ultima pagina dopo i ringraziamenti.

Non smetterò mai di scrivere che, oltre alla responsabilità giudiziaria in corso di attribuzione, esiste una responsabilità politica per aver contribuito a spazzare la polvere sotto il tappeto. La legge vetrina sul reato di tortura è stato solo l’ultimo insulto alle famiglie delle vittime; prima c’è un insieme di atteggiamenti tenuti da rappresentanti politici, dannosi sia per il sistema malato delle forze dell’ordine, sia per il lavoro culturalmente necessario al fine di giungere ad un vero rispetto della persona. 
Amando la politica e facendone in qualche misura parte, trovo questa indifferenza pericolosa. Fin quando non capiremo che sul tema dei diritti umani serve un impegno costante, faremo un pessimo servizio al Paese. Nessuno si è lamentato ad esempio della notizia che vede un componente della Camera - il signor Gianni Tonelli -, premiato da Salvini con un seggio parlamentare, coinvolto in un processo per ciò che disse su Stefano Cucchi. Com’è mai che nessun politico protesta conto l’imbarazzante elezione di Tonelli? Forse non ritengono abbastanza grave ciò che ha detto? Se Onorevoli e Senatori devono servire il Paese, in questo modo stanno dando un infimo servizio.

Non possedendo una formazione giuridica non mi addentro nei dettagli processuali; però in quelli politici e sociologici sì. L’indifferenza di quella che definiamo “classe dirigente” costituisce un pericolo per la cultura della percezione dell’essere umano. Che insegnamento sta dando la politica? Che tutto sommato, se si scopre costantemente del marcio nelle forze dell’ordine, non è niente di grave tanto si tratta di chi si occupa dei reietti della società? 
E’ terribile il messaggio leggibile fra le righe. Contrario alla Costituzione, contrario all’umanità che sulla carta l’Italia protegge.

Il caso di Stefano Cucchi, come tutti gli altri, non è inchiostro impresso sulle pagine dei quotidiani; non sono parole consegnate all’etere dalla televisione: è qualcosa che riguarda tutti, qualcosa di collettivo che investe la “classe dirigente” del Paese. E’ ora che la politica se ne accorga. 

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