giovedì 27 luglio 2017

La mia comunicazione in Consiglio Comunale sul ddl tortura



Nella seduta del 26 Giugno il Consiglio Comunale di Sasso Marconi ha approvato un'ordine del giorno nel quale invitava il Parlamento ad approvare una legge sul reato di tortura. Fatalmente, pochi giorni dopo, è avvenuto. E' avvenuto con un disegno di legge umiliante, inutile, che non introduce nessuna novità costruendo una definizione di "tortura" inapplicabile.

Così ho sentito l'esigenza di fare, nella seduta di ieri, una comunicazione personale per dichiarare la mia insoddisfazione verso la legge approvata dal Parlamento. 
Di seguito il testo letto in Consiglio Comunale.

"Colleghi, concittadini uditori,
Sottrarrò poco tempo ai lavori odierni, penso però sia doveroso che io faccia questo intervento. Lo penso perché la difesa dei diritti dell’essere umano, qualsiasi sia la sua condizione, rientra fra quei temi che mi toccano profondamente; l’introduzione del reato di tortura nel nostro Paese è una di quelle battaglie per le quali mi impegno nel tempo libero. E, siccome penso di avere una sola personalità, ritengo indispensabile fare una precisazione. 

Nella scorsa seduta abbiamo votato un ordine del giorno nel quale chiedevamo che il Parlamento dotasse l’ordinamento italiano del reato di tortura. Ebbene, per coincidenza questo è avvenuto. O meglio, è avvenuto in quanto il Parlamento ha introdotto il termine “tortura” nel codice penale, ma in realtà non è avvenuta la rivoluzione epocale di cui tanti si fregiano. Si tratta di una legge da vetrina, serve a dire “abbiamo il reato di tortura”, poi però non si sa come applicarlo nei casi concreti. Si è costruita una definizione di “tortura” arzigogolata; non si sono ascoltate le richieste delle famiglie delle vittime, neanche udite, né le critiche dei magistrati ai quali si è avuto il coraggio di fare anche una lezione di diritto. 

Poiché penso che il nostro Paese qualche vittima di tortura ce l’abbia, e si tratta di morti di Stato, anche se facciamo manifestazioni per cosa accade negli altri Paesi poi siamo restii a indignarci per ciò che accade in Italia; non mi sento per niente soddisfatto dalla legge partorita dal nostro Parlamento. Quindi non ritengo raggiunto l’obiettivo. Era meglio continuare nel nostro dolce sonno sornione piuttosto che approvare una legge chiaramente insufficiente.

Credo che ci voglia rispetto per chi ha perso un figlio, un fratello, un parente o un amico mentre lo sapeva nelle mani dello Stato e questa legge non ne ha. Non ne ha perché è un magnifico giro di parole che sì, non permetterà più che l’Italia venga multata dalle corti di giustizia internazionali (anche se qualche commissario si è già accorto cosa c’è dietro il giro di parole), ma che non introduce un vero reato. E questo mi indigna profondamente

Mi si perdoni ma personalmente non posso accettare, dopo aver conosciuto le storie, sentito i racconti atroci dei testimoni di fatti accaduti, che si approvi una legge si fatta. Perché credo che quelle famiglie si meritino una risposta chiara, non un testo di legge che mira esplicitamente a non toccare le condotte, pur illegittime, di qualcuno. Perché è inumano. 
Credo che non possa cadere mai nel dimenticatoio il G8 di Genova, come non possiamo fare finta di non vedere i Cucchi, gli Aldrovandi, i Magherini: cittadini che hanno vissuto esperienze atroci per le quali hanno perso la vita.  Forse è il caso di metterci mano, e questa legge non lo fa; forse per la paura da parte della politica di infilare la testa, le mani, gli occhi in questo tema. 
Andando a concludere, come Consigliere comunale, come cittadino non trovo la benché minima soddisfazione dal disegno di legge approvato dal Parlamento.
Grazie"

giovedì 6 luglio 2017

Tortura: una legge vetrina



Se l’avessero buttato nel trita documenti avrebbero fatto un favore ai cittadini invece, il disegno di legge che introduce il reato di tortura, è stato approvato dalla Camera in via definitiva. E’ legge. 
Una legge inapplicabile, che introduce un reato difficile da riscontrare e che non recepisce nulla di quanto molti cittadini e associazioni, molte neanche udite dalle commissioni parlamentari, stanno chiedendo da tempo. Infatti, il testo, configura come tortura una violenza reiterata nel tempo; cioè: non basta che avvenga una violenza, questa deve essere esercitata più volte perché ci sia l’accusa di tortura. Una follia che non ha riscontro in nessun caso, di conclamata tortura, accaduto in Italia. In poche parole si sta dicendo che non ci può essere tortura singola ma dev’essere sistematica. 

Come ho detto nell’articolo precedente, su questo tema non si possono utilizzare mezze parole: si tratta di una plateale presa in giro nei confronti delle vittime di tortura e delle loro famiglie. E’ una legge buona solo ad entrare nelle medagliette che si appunterà al petto chi l’ha costruita e chi l’ha votata. E’ un provvedimento vetrina da far bere alle corti di giustizia internazionale nella speranza che non multino più il nostro Paese. Un magnifico esercizio di stile in barba a chi ha diritto di vedere nell’ordinamento italiano un reato di tortura vero.  

Questa politica ha dimostrato di non voler aprire il pentolone, perché di questo si tratta. Si tratta di riconoscere gli errori atroci dello Stato, di alcuni dei suoi rappresentanti e funzionari; prevedere, per chi sbaglia, non solo una pena, ma anche un provvedimento disciplinare radicale. Si tratta di prevedere dei metodi di controllo verso chi veste una divisa che deve essere identificabile e controllato. Tutto questo, se si vuole un disegno di legge incisivo, bisogna tenerlo in considerazione. Bisogna considerare i casi di cui la cronaca italiana è piena e da questi prendere spunto. 

E’ prova di un’immensa ipocrisia il fatto che per i casi, che coinvolgono Stati politicamente antipatico all’Italia, ci siamo istituzionalmente indignati tutti, abbiamo appeso striscioni ovunque, e per le morti del nostro Stato non ci indigniamo a tal punto da non ascoltare le richieste delle famiglie. Così non vale. Non vale indignarsi solo per i crimini commessi da altri Stati.

Sono rimasto molto colpito da una frase pronunciata da Ilaria Cucchi in un incontro alla Spezia. Dice: “Abbiate il coraggio di indignarvi per le morti di Stato”. Credo sia proprio questa la questione: stiamo nascondendo il problema sotto una montagna, non vogliamo vederlo; denunciamo indignati i crimini degli altri. 

Il pentolone è pieno e puzza, non basta aggiungerne ipocritamente un’altro per non sentirla più. Bisogna aprirlo e guardarci dentro. E spetta soprattutto alla politica che, da ieri, ha un debito ancor più grande con le vittime: il debito di chi ha dimostrato tutta la sua paura ipocrita di chiamare quei crimini con il nome che gli si addice. Un po’ di vergogna, chi ha schiacciato il pulsantino verde, forse dovrebbe provarla.