martedì 27 giugno 2017

Un ddl vetrina da gettare nel trita documenti



Si torna a parlare di tortura: è approdato alla Camera in seconda lettura il disegno di legge sul reato di tortura. 
Su questo tema non bisogna utilizzare mezze parole o espressioni diplomatiche: si tratta di un ddll da vetrina, per rispondere con le parole all’ennesima sentenza della Corte di Giustizia Europea che, recentemente, ha condannato il nostro Paese a pagare una multa per non avere ancora introdotto il reato di tortura. 

Ci troviamo difronte a un puro esercizio di stile che produce un’impianto di legge inapplicabile e che non prende in considerazione i molti casi di tortura accaduti in Italia. Nel testo si legge, infatti, che è considerata “tortura” un atto di violenza fisica o psicologica ripetuto in situazione di ridotta libertà del soggetto. Ciò significa, per cogliere il senso del testo, che un singolo atto di violenza, che si verifica in condizione di libertà, non consiste in tortura. Quindi, il provvedimento in esame, non considera tortura violenze avvenute singolarmente e in situazioni di libertà. Vale, di fatto, solo in situazioni di prigionia. 

La prova dell’inutilità di questo testo è affermata anche dai magistrati che hanno indagato sui fatti accaduti alla scuola Diaz, i quali sostengono che il provvedimento in esame sarebbe stato inapplicabile in quel frangente. E, quando si parla del G8 di Genova, non sussistono dubbi sul fatto che si tratti di tortura.

Siamo difronte a un’assurda e ignobile presa in giro nei confronti dei cittadini, dei richiedenti di un provvedimento che introduca il reato di tortura, ma soprattutto una colossale e imbarazzante presa in giro nei confronti delle vittime di tortura che l’Italia conta nella sua storia recente.  Si tratta di un provvedimento vetrina, tanto per legiferare nella speranza che le corti di garanzia si bevano questo palliativo dall’aspetto squallido.

Perché non puzzasse fino infondo, è presente anche una parte relativa agli atti di violenza compiuti da pubblici ufficiali per i quali, tenendo sempre presente la definizione di “tortura” citata precedentemente, la pena è raddoppiata. Ma nulla di più. Oltre a questo inciso non si sancisce nulla che vada a punire incisivamente quei pubblici ufficiali che esercitano violenza: ad esempio non viene detto niente sul loro futuro.

Sconcertante poi è leggere interviste al relatore del ddl Franco Vazio, PD, il quale si vanta del lavoro svolto non curante delle critiche avanzate da tecnici come i magistrati del G8 di Genova ai quali anzi risponde che, secondo lui, questo testo sarebbe stato applicabile all’epoca dei fatti.

E’ evidente come ci sia la volontà metodologica di non arrivare ad introdurre un reato di tortura che risponda alle richieste avanzate da cittadini, associazioni e istituzioni. E’ evidente l’utilizzo scientifico del lessico per circoscrivere attentamente i casi imputabili, creando anche scenari dalla complessa dinamica. E’ evidente come l’attuale politica non voglia introdurre il reato di tortura: la metterebbe a confronto con comportamenti poco edificanti dello Stato e nessuno vuole scontentare i Giovanardi sparpagliati per l’emiciclo.

Non servono ordini del giorno pesati, l’ipocrisia viene presto smascherata. Servono fatti concreti; serve un testo vero, che non soddisfi solo burocratiche sentenze ma un testo applicabile che non abbia paura di mettere in luce le terribili contraddizioni italiane. Serve una legge sul reato di tortura che prenda spunto dai fatti avvenuti, che condanni fermamente i pubblici ufficiali violenti con l’espulsione dal corpo di appartenenza. Una legge che introduca un’identificativo per ogni addetto delle forze dell’ordine, non perché siano tutti cattivi e perversi, ma per trovare coloro che adottano un comportamento sbagliato e lesivo dei diritti umani.

Non si legifera per passarsi le giornate, si hanno fra le mani le vite e le speranze delle persone. Non ci si può permettere di consegnare un testo beffardo. 
Vogliamo una legge vera, che contenga tutti i temi aperti, che abbia rispetto delle vittime, che prospetti un futuro migliore. 

Questo disegno di legge non lo è, ci dobbiamo augurare solo che venga gettato nel trita documenti. 

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