martedì 2 maggio 2017
il segretario. Di chi?
Si sono concluse le primarie del PD che hanno premiato Matteo Renzi incoronandolo segretario. Segretario e non del PD.
Mentre assistiamo alla narrazione entusiasta di questo sistema, ci sono alcuni elementi da sottolineare. Non è stato un congresso, non è stato neanche un momento di confronto: è stata una campagna elettorale e un voto. Un voto al quale hanno potuto accedere tutti gli elettori, bastava pagare due euro e dichiararsi di centrosinistra. Un sistema che continuo a percepire come paradossale in quanto permette di scegliere il segretario di un partito ai non iscritti.
Non ci troviamo in un sistema di governo presidenziale, e neanche in un sistema di premierato, quindi le primarie aperte perdono di significato e risultano inutili incrementando soltanto il personalismo in politica. Nel nostro sistema politico non ci si candida a Premier o a Presidente del Consiglio: esiste solo la candidatura al seggio parlamentare. Affermare quindi che si è scelto il candidato premier del PD, vale solo per lo statuto del Partito Democratico che non tiene conto in che sistema politico si trova tentando un’americanizzazione all’italiana.
L’intera narrazione di questo mese è stata fortemente americana: definiscono congresso una sfida che del “congresso” non ha nulla. Chi si candida alle primarie del Partito Democratico, non si candida a rappresentare il partito ma i suoi elettori personali che lo legittimano ad attuare un programma in una comunità della quale non conoscono neanche la struttura. Ecco perché il sistema delle primarie italianizzate punta a delegittimare l’iscritto che non ha un peso maggiore nella scelta dei suoi dirigenti ma è equiparato a un qualsiasi altro elettore pagante.
E’ inevitabile che così cambi il rapporto fra partito e segretario che, con questo metodo di nomina, non può invocare il “centralismo democratico” in quanto la platea dei votanti non è limitata ai soli iscritti ma all’intero elettorato. Matteo Renzi non è perciò il segretario degli iscritti del Pd, bensì è il “segretario” dei propri elettori convinti che potrà essere Presidente del Consiglio: cosa per nulla certa in un sistema parlamentare che si dirige verso un proporzionale.
Un Renzi vittorioso, senza avversari, ha atteso l’ufficializzazione dei risultati nel suo ufficio al Nazzareno convinto che sarebbe rimasto il suo. Per poi concludere con un discorso dal podio nel quale non ha ammesso di aver portato avanti politiche sbagliate rivendicandole tutte. Gli “avversari”. candidati per non lasciare solo il padroncino dell’ormai ex “ditta”, hanno già deposto le loro maschere del duello Sky entrando in quello che sarà il famoso, il più volte nominato, PDR.
Una dinamica prevista, anche se non con queste proporzioni, che renderà complicato il dibattito interno gestito dall’arroganza rinvigorita dal 70%.
Bisogna frenare l’entusiasmo di chi vorrebbe vendere il format ad altre forze politiche pronunciando anche alcune assurdità. Il sistema di primarie non è nella cultura politica italiana: attuarlo significa distruggere definitivamente lo status di iscritto e di partito solido. Tutti elementi che iniziano a scarseggiare nel panorama politico.
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