giovedì 2 marzo 2017

Questioni non affrontate



In quest’ultima settimana sono riemersi i grandi temi etici che dovrebbero arrovellare la politica. In questi casi l’informazione sta al gioco della politica: scoppia il caso, si tiene sui quotidiani per due settimane e poi si dimentica seguendo l’agenda della politica che evidentemente, di questi temi, non sente il bisogno di parlarne.
Prima con il bando della Regione Lazio per assumere due ginecologi non obiettori, poi con l’esperienza di Dj Fabo che è dovuto arrivare in Svizzera per vedere ascoltata la volontà di suicidarsi, sono stati riportati in superficie due temi importanti razionalmente insabbiati.

E’ difficile, se non impossibile, prendere le difese della politica dominante in questi casi, e non è assolutamente mia intenzione farlo. Siamo difronte a due realtà diverse ma accomunate dall’indifferenza da parte di una certa politica. Da un lato abbiamo il problema drammatico dei medici obiettori che impediscono l’attuazione di una legge su un diritto fondamentale per le donne; dall’altra abbiamo l’assenza di normative che regolino il diritto alla morte.  A differenza del primo, sul quale un testo c’è e servirebbero solo alcune modifiche per porre rimedio alla realtà, per il secondo non esiste una legge. I progetti di legge di cui sentiamo parlare, fra cui quello per l’introduzione del testamento biologico ripreso in mano sull’onda dell’emozione, non danno risposte al diritto assente al suicidio. Si tratta di un’altro tema, differente, che va affrontato in quanto è già nei fatti. Molte persone vanno a morire in altri Paesi, pagando e perseguiti dalla giustizia italiana che accusa chi li supporta in questa scelta. Una scelta che non si può pretendere venga capita, ma si deve pretendere venga rispettata introducendo gli strumenti per dare la possibilità di poterla attuare nel proprio Paese. Non importa che la politica comprenda le scelte personali del singolo, ma è indispensabile che dia risposte sulla giurisprudenza.

E’ un tema etico, e da tale richiede una discussione approfondita; attenzione però. che la discussione legittima non si sposti da che cosa chiedono i cittadini a che cosa ritengono giusto per sé stessi i legislatori. Questa sottile differenza è il punto centrale: perché si deve vietare qualcosa di richiesto per un credo del legislatore? Sui temi etici quasi tutte le opinioni sono legittime e rispettabili, tuttavia non devono trasformarsi in ostacoli nell’affermazione di diritti reclamati dai cittadini. Ecco perché sostengo che non si tratti solo di temi di coscienza; si parla di richieste dei cittadini sulle quali la politica deve esprimersi per il  benessere collettivo.
Sul tema del fine vita ad esempio, c’è un discorso di diseguaglianza economica da affrontare: perché le pratiche di fine vita all’estero devono creare disparità fra i cittadini? Il costo elevato provoca una discriminante di accesso che, se affrontata in Italia, sarebbe interessante sciogliere.

Non si incolpi il sistema istituzionale di questa sordità della politica perché sarebbe umiliante nei confronti dei cittadini. Si dica piuttosto che ci si trova difronte a una determinata politica non all’altezza per affrontare questi temi. Si dica che il principio di laicità dello Stato in Italia è ancora da sedimentare. S’incolpi la scarsa profondità del dibattito parlamentare che non consente la giusta civiltà per discussioni di temi alti. Non si banalizzino però questi argomenti affermando che i problemi sono altri. Ogni volta che avviene questo l’umiliazione dei cittadini aumenta.

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