Nel fine settimana si è svolta la Leopolda torinese con cui Renzi ha lanciato la propria candidatura alla segreteria del PD. Struttura simile alla Leopolda fiorentina: tavoli tematici per discutere del programma da proporre al leader, e interventi dei suoi fan. Un Renzi che in questa tre giorni si voleva riprendere dall’ultimo periodo burrascoso. Per farlo ha scelto l’imitazione del suo maestro politico avendo la presunzione di poterlo eguagliare. Gli stessi slogan, pronunciati dal legittimo autore Berlusconi, sarebbero risultati più credibili.
Una retorica umiliante volta alla distruzione di storie, valori, canzoni che Renzi non vuole portarsi dietro, perché non lo rappresentano. Un continuo svilimento di lotte storiche alle quali, lo smart leader, preferisce il modello Marchiane con cui si è più volte complimentato per il suo operato. Il prossimo leader del PD è stato chiaro: preferisce chi comanda, magari chi delocalizza e paga le tasse all’estero, ai lavoratori necessitanti di tutele, welfare e diritti.
Il leopoldino in trasferta a Torino ha utilizzato parole dalle quali è possibile tratteggiare il suo modello economico di riferimento. In più passaggi si è soffermato sul “gioco della vita” fatto di rilanci, come a evidenziare la positività del rischio. Stesso rischio che ritroviamo nella logica capitalistica della società contenuta nel Jobs Act. Quella logica secondo la quale bisogna essere multitasking, flessibili, imprenditori di sé stessi senza però mezzi, istruzione e possibilmente senza lagnarsi per i diritti. E’ quella logica secondo cui, siccome il lavoro sta diventando dei robot, non si prova a governare il processo limitandolo ma si pretende che tutti diventino ingegneri attraverso la “Buona Scuola” e l’alternanza scuola-sfruttamento. E’ questa la narrazione fatta in questi tre giorni dagli ottimisti renziani.
Non è mancata poi il pessimo tentativo di convincere che il modello renziano sia la Sinistra. Lo smart leader ha sottolineato marcatamente la propria distanza dai canti partigiani, roba da rottamati, che ha umiliato declinandoli a “macchiette”. Un insulto a tutti gli uomini e le donne che hanno combattuto per un’idea della quale si sente ancora il bisogno.
E’ passato con la sua ruspa sopra la storia, alle lotte, ai diritti che quei canti ricordano; ha diretto il suo sfascio contro parte della storia di questo Paese.
Quella di Renzi non è Sinistra, scegliete voi la miglior collocazione. Tuttavia non è sinistra perché la Sinistra non è un cartellino da appuntarsi all’occhiello della giacca ma è storia, passione, amore per le persone, per il rispetto. La Sinistra è giustizia, è eguaglianza, è lavoro, è ideale. La Sinistra sono anche quei canti, pregni di avvenimenti, che Renzi ha insultato.
Nessun commento:
Posta un commento