
A giudicare dalle ultime notizie, l’assemblea di ieri sembra aver ancor più esacerbato i rapporti nel Partito Democratico. Le minoranze, non avendo ricevuto la replica del segretario dimissionario, starebbero organizzando la famigerata scissione.
La sfilata dei big non è servita a far riaffiorare un clima unitario ma a far fare solo un esercizio di platea agli uditori. Veltroni, tornato nelle veste di politico per qualche ora, ce l’ha messa tutta ma proprio non è servito a far cambiare idea alla minoranza che, evidentemente, ha capito di non voler assomigliare a un bersaglio in un poligono di tiro preso di mira dalle cannonate di Renzi. Un ex segretario che sembra non essersi pentito dei suoi passi e che pare pronto a ricominciare ad interpretare quel ruolo. Ha già fissato il primo incontro della sua campagna “interna” al Lingotto di Torino facendo capire quale sarà la direzione nella quale vuole andare e, di sinistra, pare esserci solo la parola che usa come intercalare nei suoi discorsi scenici.
Un elemento da tenere in considerazione è la struttura del partito alla vigilia di questo congresso che rischia di trasformarsi in una conta plebiscitaria per il bianco Renzi. In questi anni il PD ha perso iscritti, è passato da una solidità ad una liquefazione progressiva fin a diventare gassoso e essere identificato come "il Partito di Renzi". Aggiungendo poi che all’elezione del segretario, a fronte di due euro, possono partecipare tutti i cittadini, Renzi rischia di giocare una partita che ha già vinto essendosi costruito un elettorato di proprietà, proveniente da schieramenti centristi se non della destra liberista, che gli potrebbe assicurare la rielezione.
In un quadro di questo tipo, con un leader pop che si farà rieleggere dai suoi fan, la scissione diviene una manna per far ripartire idee, proposte e per far ritrovare l’identità a chi, in questi anni, è stato guidato da una figura che non lo rappresentava.
Gli interventi unificanti che dal palco sono arrivati dai padri del PD non tengono conto dell’assenza di un comune denominatore ideale che non porti, chi sarà minoranza, a sentirsi abbandonato, denigrato e non rappresentato dal soggetto di cui possiede la tessera. Questo comune denominatore Renzi l’ha cancellato resuscitando la DC contenuta nel PD estremizzandola facendone, con il passare del tempo, un soggetto a cui non servono i tesserati ma che trova consenso altrove distruggendo i valori ereditati dai vari passaggi.
E’ in questo contesto che sarebbe da considerarsi masochista un’unità forzata divisa in trincee pronte a battagliare internamente per poi non condividere niente l’una dell’altra. Anche se, sarebbe assai interessante e produttivo per le penne di questo settore.
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