sabato 25 febbraio 2017

Il diritto disatteso



Il bando della Regione Lazio orientato a cercare medici non obiettori di coscienza rispetto all’interruzione volontaria di gravidanza, ha subito acceso la polemica. Da un lato sulla regolarità dell’oggetto della richieste contenuta nel bando e, dall’altra, sulle ragioni etiche della Legge 194.

Ho sempre avuto problemi di comprensione nei confronti dei medici obiettori.  Credo che questo mio problema sia insanabile. E' inconcepibile che un medico si rifiuti di affrontare un aborto. Ognuno può avere opinioni etiche di qualsiasi genere ma, un medico con le competenze peculiari per procedere ad un aborto, penso sia impensabile possa rifiutarsi. Perché in quel momento, nel momento dell'esercizio della professione, il medico è l'unico attore in grado di attuare un diritto riconosciuto dallo Stato per cui esercita.

In questo Paese abbiamo casi nei quali donne perdono la vita per non aver trovato nessun medico disposto a attuare l'aborto che, in molti casi, si rivela necessario per la sopravvivenza della donna. Questo è inspiegabile e ingiustificabile. La 194 è legge di uno Stato costituzionalmente laico, e da tale va attuata. Senza forse. Disattenderla corrisponde a negare un diritto, deve equivalere a un disservizio al quale lo Stato deve porre rimedio. Modificando la legge? Forse sì, ma non per oscurantismo verso un’opinione, bensì per il danno enorme che provoca al servizio pubblico. Dando uno sguardo ai numeri degli obiettori si rimane stupiti: in alcune regioni superano il 50% con il conseguente sovraccarico di lavoro sui non obiettori.
Mi sembra venuto il momento di affrontare l'argomento, sul quale dovrebbero essere espresse parole chiare: perché, un conto è la legittima espressione di opinioni personali, un conto è se queste opinioni personali vanno a costituire un danno nei confronti delle cittadine.
In vista dell'8 Marzo, dopo aver speso le tradizionali parole sul lessico di genere che reiteriamo di anno in anno facendo a volte anche errori linguistici, proviamo ad affrontare anche questo tema ben più importante. Che incide fattivamente sulla vita delle cittadine e che lede la loro dignità molto più del lessico non coniugato.

Credo non ci si possa meravigliare se una regione tenta di porre rimedio a questo disagio enorme. Certo, con un metodo che potrebbe riscontrare qualche vizio, tuttavia legittimato dalla difesa dei diritti delle donne.
La Regione Lazio ha posto un problema estremamente grande che si fa finta di non vedere, a cui il Paese tutto deve porre rimedio. Lo deve a tutte le cittadine che devono poter essere libere di esercitare un proprio diritto senza alcuna aberrazione.

lunedì 20 febbraio 2017

Scissione o caccia grossa




A giudicare dalle ultime notizie, l’assemblea di ieri sembra aver ancor più esacerbato i rapporti nel Partito Democratico. Le minoranze, non avendo ricevuto la replica del segretario dimissionario, starebbero organizzando la famigerata scissione.

La sfilata dei big non è servita a far riaffiorare un clima unitario ma a far fare solo un esercizio di platea agli uditori. Veltroni, tornato nelle veste di politico per qualche ora, ce l’ha messa tutta ma proprio non è servito a far cambiare idea alla minoranza che, evidentemente, ha capito di non voler assomigliare a un bersaglio in un poligono di tiro preso di mira dalle cannonate di Renzi. Un ex segretario che sembra non essersi pentito dei suoi passi e che pare pronto a ricominciare ad interpretare quel ruolo. Ha già fissato il primo incontro della sua campagna “interna” al Lingotto di Torino facendo capire quale sarà la direzione nella quale vuole andare e, di sinistra, pare esserci solo la parola che usa come intercalare nei suoi discorsi scenici.

Un elemento da tenere in considerazione è la struttura del partito alla vigilia di questo congresso che rischia di trasformarsi in una conta plebiscitaria per il bianco Renzi. In questi anni il PD ha perso iscritti, è passato da una solidità ad una liquefazione progressiva fin a diventare gassoso e essere identificato come "il Partito di Renzi". Aggiungendo poi che all’elezione del segretario, a fronte di due euro, possono partecipare tutti i cittadini, Renzi rischia di giocare una partita che ha già vinto essendosi costruito un elettorato di proprietà, proveniente da schieramenti centristi se non della destra liberista, che gli potrebbe assicurare la rielezione.
In un quadro di questo tipo, con un leader pop che si farà rieleggere dai suoi fan, la scissione diviene una manna per far ripartire idee, proposte e per far ritrovare l’identità a chi, in questi anni, è stato guidato da una figura che non lo rappresentava.

Gli interventi unificanti che dal palco sono arrivati dai padri del PD non tengono conto dell’assenza di un comune denominatore ideale che non porti, chi sarà minoranza, a sentirsi abbandonato, denigrato e non rappresentato dal soggetto di cui possiede la tessera. Questo comune denominatore Renzi l’ha cancellato resuscitando la DC contenuta nel PD estremizzandola facendone, con il passare del tempo, un soggetto a cui non servono i tesserati ma che trova consenso altrove distruggendo i valori ereditati dai vari passaggi.

E’ in questo contesto che sarebbe da considerarsi masochista un’unità forzata divisa in trincee pronte a battagliare internamente per poi non condividere niente l’una dell’altra. Anche se, sarebbe assai interessante e produttivo per le penne di questo settore.

venerdì 17 febbraio 2017

Scissione sì, scissione no. Scissione forse è meglio



A volte dall’esterno si riescono a cogliere molti più elementi di quanto si possa fare dall’interno. Tentare di analizzare una realtà nella quale non sei immerso, può far percepire sfumature importanti.
Nel dibattito la scissione del Partito Democratico è vissuta come una catastrofe, come l’ennesima rottura nell’area di Centro Sinistra; e se invece fosse proprio quello che serve perché tutti ritrovino la propria identità? Premesso che in politica l’identità conti ancora qualcosa. Quando si osserva il Partito Democratico, nella sua espressione nazionale, si ha come l’impressione di trovarsi difronte una federazione litigiosa, non un partito. Manca di collettivismo, di ideologia condivisa, di unità: sembra un collage di partiti con espressioni, linguaggi ed esperienze diverse.

Il mio interesse per la politica mi porta a osservare che cosa accade e a seguire determinati eventi. Assistendo alla diretta TV dell’ultima direzione del Partito Democratico, saltava immediatamente agli occhi come a parlare fossero avversari politici e non compagni di partito. Il clima era da confronto elettorale fra campi opposti, fra leader di partiti differenti, non un clima da confronto interno. Anche la gestualità dei presenti la diceva lunga sulla tensione di quel momento, quasi come se il confronto fosse fra nemici.
Un partito è una comunità che condivide un’idea di mondo, di società, di futuro confrontandosi con un’ideologia di fondo inviolabile. E’ impossibile pensare a un partito dove non ci sia rispetto fra le diverse opinioni, dove si creano tribune per evidenziare il disprezzo nei confronti degli altri. E’ altrettanto assurdo pensare che il tempo venga passato a sbeffeggiare, a umiliare, a fare caricature di chi tenta di esprimere un’idea di società, la propria idea che, in quanto componente di quel partito, è legittimato a esprimere.
Mentre si fa tutto ciò nei confronti di iscritti, si dice che il segretario lo possono scegliere tutti: a fronte di due euro, chi desidera può scegliere il segretario di quel partito. Poi magari non ne condivide neanche il simbolo, o la storia, però può sceglierne la direzione. Nella mia gufaggine, arretratezza, mentre cerco di inserire il gettone nell’Iphone, penso che tutto ciò sia assurdo e incomprensibile. E lo dico senza l’intenzione della derisione, ma ammettendo la mia fiera ignoranza verso quel meccanismo.

Nel corso degli anni si è assistito a fortissime prese di posizione, a strappi ricuciti con toppe trasparenti, assomiglianti più a rimandi, al posticipare un divorzio voluto da entrambi. Adesso, forte del vissuto di questo ultimo anno, si sta presentando l’opportunità per chi ha dovuto cedere l’identità di riacquistarla. Se questi signori avranno un po’ di amor proprio, di amore verso ciò che fanno, dovrebbero attuare ciò che dicono attraverso le penne dei giornalisti. Altrimenti saranno confinati a fare i “gufi” su alberi pungenti mentre, i cacciatori, caricheranno i loro fucili a pallettoni.