domenica 29 gennaio 2017

Legge elettorale: materia per i cittadini e non per “addetti ai lavori”




La tanto attesa sentenza sull’Italicum è arrivata. La corte, contrariamente a quanto ci si aspettava, ha bocciato solo due aspetti: il ballottaggio e la scelta autonoma del collegio di elezione da parte degli eletti. L’Italicum infatti prevedeva che l’eletto, presentatosi in più collegi, potesse scegliere in quale farsi eleggere. Su questo punto la Corte ha sancito che la scelta del collegio di elezione sarà affidata al fato, mediante sorteggio.
Nessuna correzione rispetto al premio di maggioranza, rimasto al raggiungimento del 40%, e per i capilista bloccati, che rimangono anche nella versione uscita dalla Corte Costituzionale.

Il primo effetto è la presenza di due leggi elettorali diverse per Camera e Senato. Per il Senato, che dopo il 4 Dicembre continua a essere eletto direttamente, vige il residuo del Porcellum uscito dalla sentenza d’incostituzionalità del 2014 definito Consultellum. Un proporzionale senza premio di maggioranza con soglie di sbarramento molto alte: il 3% per i partiti coalizzati e l’8% per le liste singole. Il tutto su base regionale.
E’ impossibile non imputare questa differenza all’atteggiamento dell’ex Presidente del Consiglio, talmente sicuro di vincere il referendum costituzionale, che si è fatto approvare una legge elettorale valida solo per la Camera.

Si discute molto sulla possibilità di andare alle urne con questi due residui di leggi elettorali. Prima ancora dell’opportunità di rendere omogenei i sistemi di elezione di Camera e Senato, c’è però un tema politico da tenere presente. Sempre nell’ottica della riappropriazione del potere legislativo da parte del Parlamento, è ancora possibile farsi andare bene il residuo individuato dalla Consulta? L’immagine che ne uscirebbe è di un parlamento incapace di far leggi elettorali costituzionali e che si accontenta del risultante dalla sentenza di incostituzionalità di una legge che ha approvato a maggioranza con voto di fiducia. Solo questo dovrebbe spronare le forze politiche motivandole a formulare un nuovo sistema elettorale, condiviso e seguendo la preziosa lezione data dai cittadini nel referendum del 4 Dicembre. Perché, mentre ci interroghiamo se sia stato un no populista, un no sociale o un no alla domanda scritta sulla scheda, ci dimentichiamo l’elemento più importante: il desiderio di partecipazione dei cittadini, che in quell’occasione si è manifestato. Quale altro elemento si potrebbe tenere in considerazione più importante di questo? Quando i cittadini percepiscono la possibilità di vedere rappresentate le proprie idee partecipano. Allora dovrebbe venire in mente che forse, un sistema che porti in Parlamento la società, è ciò che i cittadini vogliono. Non è importante sapere chi ha vinto la sera stessa delle elezioni, ma è fondamentale sapere che il Parlamento sia specchio della società, dei suoi conflitti e delle sue sfumature. 
Per questo un sistema proporzionale credo sia ciò di cui c’è necessità per fare riacquistare al Parlamento il suo ruolo rappresentativo. E’ possibile discutere sui dettagli l’importante è che la forza vincente lo sia per il consenso e non per effetto di un premio di maggioranza abnorme. In nome della governabilità, che deve cessare di essere un fine ricercato spasmodicamente tramite algoritmi, non è possibile costruire maggioranze  in laboratorio perché altrimenti, qualsiasi governo esprimerà il Parlamento, sarà ritenuto illegittimo politicamente in quanto frutto di una maggioranza fittizia.

Quando si affronta il tema del sistema elettorale, sempre più frequentemente spunta la battuta “benaltrista” la quale va a ricordare che i problemi del Paese sono altri. Sarebbe più corretto dire che i problemi del Paese sono anche altri non liquidando la questione del sistema elettorale come un argomento solo per “addetti ai lavori”. Perché, volendo essere precisi, questi “addetti” siamo proprio noi cittadini che, attraverso le leggi elettorali, vediamo interpretato il nostro voto. Non pensiamo che questo argomento sia distante da noi perché, invece, ci tocca direttamente. Capire e pretendere di avere un sistema elettorale democratico, che rispetti il principio di uguaglianza del voto, è fondamentale per il rapporto fra cittadino e politica.
Abbiamo scongiurato la costituzionalizzazione dell’elitarismo, pretendere una legge elettorale che non crei maggioranze in provetta è il secondo passo per rimettere al centro i cittadini.

martedì 24 gennaio 2017

La grande assenza

 

Dalla morte per cause naturali a omicidio preterintenzionale. E’ questa la svolta della procura di Roma sul caso di Stefano Cucchi: arrestato e morto cinque giorni dopo in ospedale con il corpo tumefatto.

Dalle precedenti assoluzioni che hanno fatto sembrare la morte di Cucchi come un fatto provocato da lui stesso, adesso c’è un’’accusa che può fare giustizia su uno dei casi più vergognosi in cui è implicato lo Stato.
Lo Stato che dovrebbe rappresentare tutela, sicurezza, giustizia, con Stefano Cucchi si è rivelato causa di morte. Sì, può sembrare una brutale generalizzazione, ma quando un atto simile è commesso da persone in divisa, che perciò rappresentano lo Stato, è come se fosse lo stesso Stato ad aver commesso il fatto. E se si tratta di pestare un uomo fino a provocargli lesioni che lo porteranno poi alla morte, diviene un’aberrazione.

Se poi lo Stato si mette di traverso per sei anni sostenendo teorie che non stanno nei fatti, emerge chiaramente come ci sia una dinamica di protezione fra le istituzioni che, difronte ad un caso come quello che ha colpito la famiglia Cucchi, non dovrebbe esistere. Si tratta di violazione dei principi costituzionali, dei diritti del cittadino e dei diritti umani su cui la giustizia dovrebbe lavorare senza lasciare ombre. Così non è stato per tutti questi sette anni, nei quali lo Stato si è inventato di tutto per giustificare quella morte, arrivando perfino a una perizio nella quale si dichiarava che Cucchi è morto per epilessia.
L’elemento che mi ha sempre colpito di questo caso è la forza delle immagini mostrate dalla sorella Ilaria Cucchi; immagini che, anche agli occhi di un profano, comunicano che quella non è stata una morte naturale, ma che è stata provocata. Eppure in tutti questi anni i processi sono finiti con assoluzioni e con un’estenuante autodifesa della procura.

Da qualche giorno, però, è stato fatto un passo avanti: dalla seconda indagine aperta dalla procura di Roma sono uscite cinque accuse. Tre carabinieri della stazione che ha effettuato ill fermo di Cucchi, sono accusati di omicidio preterintenzionale; invece accuse di calunnia e falso per altri due carabinieri: il comandante della stazione e un altro militare dell’Arma.
Il procuratore e Pignatone e il sostituto Musarò concludono che le botte e “la rovinosa caduta con impatto al suolo in regione sacrale” conseguente, provocarono a Cucchi lesioni che, unitamente al comportamento omissivo dei medici dell’ospedale Pertini, ne provocarono la morte.

Questa conclusione, suffragata da prove schiaccianti come le intercettazioni delle telefonate fatte dai tre militari e dal comandante della stazione, apre la strada per giungere a un processo che individui dei colpevoli.  Colpevoli che è dovere della giustizia trovare.

Certo è che questo caso dovrebbe aprire anche due principali questioni politiche: una sono le scuse da quei rappresentanti dei cittadini che hanno sempre combattuto la vittima invece di porsi in una condizione di imbarazzo per ciò che è accaduto. Il caro Giovanardi dovrebbe avere un sussulto di vergogna dopo avere insultato per anni Cucchi e la sua famiglia senza mai mostrare dubbi sull’operato delle forze dell’ordine. Ultimamente lo ha raggiunto anche La Russa che, quasi come per marcare il territorio, ha messo in dubbio la conclusione della procura.
La politica, che è per forza di cose implicata nel caso, non ha mostrato un comportamento, a parte alcuni casi, sufficientemente preoccupato.
La seconda grande questione, da anni richiesta da settori della società civile, è l’introduzione del reato di tortura: un reato specifico che vada a identificare la violazione dei diritti umani sanciti dalla Costituzione e da altre leggi giuridicamente superiori. Se per Giulio Regeni si parla di tortura per mano di un altro Stato, è necessario definire in questo modo anche i casi che coinvolgono lo Stato italiano. Il caso Cucchi, come altri casi analoghi, potrebbero avere una definizione più esaustiva di quella che, con le leggi attuali, gli si può attribuire.

Per manifestare solidarietà con questi casi, le parole non bastano più: fanno solo uscire prime pagine con titoloni. La società avrebbe bisogno di atti concreti che facciano fare passi avanti imparando dai terribili errori commessi. Il reato di tortura, che potremmo definire come il grande assente, andrebbe a sanare un enorme vuoto in questo Paese.
Se la giustizia è in un ritardo terribile la politica deve ancora iniziare a pagare il debito con la collettività, dopo aver pagato quello morale che ha con la famiglia, per la storia di Stefano Cucchi.

lunedì 23 gennaio 2017

Nove anni online

Per il nono anno di attività, ho pensato che fosse arrivato il momento di dare a questa pagina una nuova veste. La prima novità è un indirizzo più semplice e immediato: “federicofeliziani.it” che risulterà più comodo per chi volesse leggere i contenuti di questo blog.

La seconda novità è una grafica rinnovata, più ricca di servizi e interazioni. Ad esempio un utiilizzo maggiore dei social introducendo la funzione di condivisione degli articoli. Inoltre, un menù più visibile che sarà man mano arricchito di contenuti.
Il tema non cambia, anzi, c’è l’aspirazione di entrare ancora di più nelle notizie di politica nazionale, trattando argomenti che nell’ultimo periodo ho tralasciato. Nel 2017 sarà il lavoro uno dei temi principali con approfondimenti sul referendum presentato dalla CGIL. Ritroveremo i temi affrontati in quest'ultimo periodo come la legge elettorale su cui è ipotizzabile un lungo dibattito. Darò aggiornamenti su temi locali in riferimento al ruolo che svolgo a Sasso Marconi.  E molto altro.

Questo progetto unisce le mie due grandi passioni: la passione per la politica e la passione per la comunicazione, per l’informazione. Mi ha permesso di comunicare con un numero molto alto di persone, di conoscerle e di scambiare idee e opinioni: un’attività che mi offre molti stimoli e che spero sia gradita anche ai lettori.
Devo ringraziare naturalmente chi legge, chi mi consiglia e chi mi critica: tutti elementi essenziali per questa attività. Mi posso solo augurare  di continuare ad avere il pubblico che ho avuto in questi nove anni e di continuare a interessarvi.