martedì 13 dicembre 2016

Il sistema proporzionale: l'unico a favore dei cittadini

 

Il voto del 4 Dicembre è stato interpretato in molti modi diversi, anche andando oltre ciò che è stato l’oggetto del referendum. Sono sempre convinto sull’attribuire un significato principale a questo appuntamento: un giudizio da parte dei cittadini sulla riforma costituzionale. Tenendo conto dell’affluenza registrata si può assumere che il cittadino, quando percepisce il potere nelle proprie mani, partecipa e decide. Questa lezione, che ha gettato sconforto in molti ambiti della politica, deve essere tenuta in considerazione in quella che si potrebbe definire come la “seconda fase”: l’introduzione di una legge elettorale, possibilmente costituzionale, che consenta il rinnovo del Parlamento.
Una legge elettorale che deve essere formulata e proposta dal Parlamento come dispone la sentenza della Corte costituzionale che ha bocciato il Porcellum, la quale ha dichiarato legittimo questo parlamento per consentirgli di produrre una legge elettorale qualora non accettasse il residuo risultante dalla sentenza. A parte il clamoroso fuoristrada della riforma costituzionale frutto di una pericolosa forzatura del Governo Renzi, la legge elettorale sarebbe l’unico obiettivo della legislatura.

Il sistema che risponde al desiderio, nonché al diritto, di partecipazione dei cittadini è il proporzionale. Con questo sistema elettorale si attuerebbero diversi principi costituzionali come ad esempio: la partecipazione, il voto eguale, la sovranità nelle mani del popolo.  Considero questo sistema l’unico in grado di rispettare la volontà popolare nel sistema politico italiano. La mia considerazione parte dal concetto di rappresentanza: il Parlamento deve essere specchio della società, solo così rappresenterà realmente i cittadini. Per un momento non pensiamo al panorama internazionale, si rischierebbe di paragonare sistemi sociali, politici e partitici differenti. Consideriamo il sistema sociale, politico e partitico italiano, con la sua cultura e la sua storia. Oggi, come agli inizi della repubblica, viviamo in una società estremamente complessa, piena di sfumature, idee e culture difficili da sintetizzare. Forse questa difficoltà ci può suggerire di non sintetizzarle, ma di farle esprimere dando a tutti la possibilità di essere rappresentati nell’organo legislativo. Siamo abituati a pensare “l’offerta politica” solo come l’insieme dei partiti che attualmente siedono in Parlamento, mentre la società è composta da molte altre sfumature. C’è un terribile scollamento, prodotto dal Porcellum, fra Parlamento e società. Fattore che potremmo far rientrare fra le molte cause della disaffezione alla politica. Quando si inizia a maneggiare la volontà popolare fabbricando rappresentanze di comodo può accadere che, il potere percepito dal cittadino nelle proprie mani, si abbassi fino a provocare atteggiamenti di rifiuto.
Con il referendum del 4 Dicembre, nel quale il cittadino poteva realmente dare un indirizzo senza che fosse rimaneggiato, la partecipazione è aumentata. Spero che la politica faccia buon uso di questo elemento.

Il Governo Gentiloni, non rappresentativo perché frutto di una maggioranza eletta con una legge elettorale incostituzionale - questa è l’espressione più dettagliata che solitamente viene sintetizzata con “governo non eletto” - lo preciso perché non vorrei mai che i “riformatori” mi accusassero di non conoscere la Costituzione, dovrebbe stare il più possibile immobile riscoprendo il ruolo esecutivo lasciando al Parlamento il legittimo compito di formulare una legge elettorale.
La fase nella quale stiamo entrando potrebbe essere l’occasione per riallineare la Costituzione sostanziale a quella formale: un governo meno forte favorirebbe la riappropriazione, da parte del Parlamento, del potere legislativo. Dopo la bocciatura della riforma che voleva formalizzare la prassi sbagliata degli ultimi anni, è necessario ritrovare il dettato costituzionale e attuarlo. Cominciando da un sistema elettorale proporzionale.

martedì 6 dicembre 2016

La Costituzione è salva



 
La Costituzione è salva.
Mi sembra il modo migliore per iniziare questo articolo. Dopo una campagna referendaria sbilanciata, arrogante, presuntuosa, aggressiva, i cittadini hanno scelto di tenere la Costituzione vigente.
Il dato da cui iniziare è l’affluenza. Con il 68% i cittadini hanno dimostrato di voler partecipare e di voler affermare un’idea. Abbiamo dimostrato di essere una cittadinanza partecipante qualora ci venga chiesto un’opinione. L’affluenza a questo livello rafforza di più il risultato del voto, che dice come il popolo sia contrario a questa riforma.
Abbiamo votato a un referendum costituzionale: è importante ricordarlo. L’oggetto era la riforma costituzionale presentata dal Governo Renzi. Non nego che, la forte personalizzazione, possa aver creato sacche di oppositori del Governo, tuttavia mi trovo in assoluto disaccordo con chi sostiene che sia stato un voto politico. O meglio, se per “voto politico” intendiamo la scelta sulla qualità della democrazia, sì; ma non è stato un voto sulle politiche. Almeno per la maggior parte dei cittadini. Ci tengo molto a questo concetto: ne va della dignità del cittadino che è in grado di esprimersi sulla Costituzione, approfondendo la materia, informandosi e scegliendo. Se pensassi il contrario insulterei me stesso e i miei concittadini.

La natura di questo voto mi fa esprimere un’altro concetto: in questo appuntamento elettorale non esistevano programmi politici da votare; c’era una riforma costituzionale da bocciare o promuovere. Il comitato per il No e il Comitato per il Sì non erano due partiti che si presentavano alle elezioni. Sono stati organizzazioni promotrici di due visioni diverse, ma non si può attribuire la responsabilità del futuro a questi. In un referendum si confrontano due idee sull’oggetto del quesito. E’ un’assurdità imputare il futuro del Paese al NO, perché non era questo il compito  del No. Il No non si è presentato alle elezioni, il No era una delle risposte alla domanda. E’ il funzionamento di qualsiasi referendum.
Il futuro del Paese è in mano al sistema democratico, alle forze politiche, alle istituzioni. Se vogliamo discutere delle proposte di alcuni componenti del comitato per il No, lo possiamo fare ma valutandole singolarmente. Il Comitato per il No si è già sciolto, ha raggiunto l’obiettivo, non ne aveva altri. Adesso sta alle forze politiche.

Non sono preoccupato per il futuro, tutt’altro. Con le garanzie della nostra Costituzione non dobbiamo temere nulla. Lo sarei stato se fosse passata la riforma ma, nella situazione attuale, non mi spaventa. Certo, adesso è necessario procedere con alcune azioni, come ad esempio produrre una legge elettorale decente per Camera e Senato possibilmente in Parlamento. Il sistema migliore è il proporzionale che incrementa la partecipazione e dà eguale rappresentanza. A chi cita la “governabilità” bisogna ricordare che un governo non si può fabbricare in provetta, ma necessita di un consenso sociale. Se la società presenta conflitto, è bene rappresentarlo in Parlamento e costruire un governo partendo da quel conflitto. Personalmente non disprezzo i governi di coalizione se questi sono costruiti con il criterio della rappresentanza. L’Italicum va archiviato immediatamente, anche per evitare un’altra bocciatura da parte della Consulta. A meno che a questa classe politica non piaccia farsi bocciare le leggi dalla Corte costituzionale. Sarebbe la seconda.

Sono un cittadino che ama la Costituzione, a cui piace la politica nella quale credo fermamente. Non posso fingere di non essere contento e essere preoccupato perché mentirei. Sono convinto che si debba tornare a una discussione politica rispettosa, non arrogante e a favore dei cittadini. Questo voto comunica un messaggio chiaro all’élite, alle agenzie di rating, ai grandi speculatori finanziari. Comunica il bisogno di politica che guardi alle persone, ai bisogni e ai diritti di esse. E da questo messaggio bisogna cominciare.

venerdì 2 dicembre 2016

Io dico No!




Ci siamo. Dal 2015 ho seguito la campagna per il No in questo referendum: prima aderendo al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, poi aderendo al Comitato per il No.
Ci siamo, il voto per la democrazia è a pochi passi di una maratona che ho corso insieme a compagni straordinari, provando emozioni incredibili. Mi sembrerebbe superfluo spiegare perché Domenica voterò No, ne ho parlato molto provando ad esporre cosa non va di questa riforma.

Continuo a pensare che da questo referendum passi la democrazia, la sua qualità, la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Da questo referendum passa il diritto di partecipare alle scelte di questo Paese. Nell’ultimo articolo ho voluto approfondire il pericoloso sottotesto di questa riforma che a mio parere sintetizza i motivi per cui dire No.
Con questa riforma si vuole escludere il cittadino dalla politica, si vogliono consegnare le sorti del Paese ad un’élite di potere che ci fanno credere di poter eleggere, di poter scegliere. Ci stanno dicendo di affidarci, di fidarci di non occuparci più di politica. Noi cittadini intralciamo i grandi lavori: pretendiamo diritti, lavoro, welfare, istruzione, mentre la grande finanza dei numeri deve comandare.  La JP Morgan ce l’ha detto: la nostra Costituzione democratica intralcia l’economia e la finanza. Attenzione: ci dice che ostacola, non le politiche economiche, bensì gli interessi economici dei grandi potentati.
Solo che i loro interessi non combaciano con quelli dei cittadini. E allora ci vorrebbero togliere il diritto di eleggere i senatori, di eleggere decentemente la Camera, di proporre referendum, di proporre leggi, di incidere sulle politiche locali. Ci vogliono togliere i diritti di scelta, i diritti che rendono vivo il cittadino consegnandolo a una rassegnazione perenne.

Si sono inventati la storiella del “cambiamento”, si sono scordati però di dirci come sarà: se in meglio o in peggio. Perché di per se il cambiamento non è positivo per definizione. E’ necessario capire come si vuole cambiare e verso dove. Nel caso di questa riforma è chiaro come si voglia andare verso un peggioramento della qualità della democrazia. E allora io dico No!

Dico No a una riforma che ci vuole togliere il diritto di partecipare. Dico No a un rafforzamento dei poteri del Governo e a un indebolimento del Parlamento; dico No all’inversione del rapporto fra potere legislativo e esecutivo. Dico No al vantaggio iniquo sul referendum abrogativo che lo rende uno strumento facile per le grandi organizzazioni a scapito del cittadino. Dico No all’aumento del numero di firme richiesto per la presentazione di leggi di iniziativa popolare: non mi bevo la falsità della certezza dell’esame da parte della Camera.
Dico No al nuovo Senato, composto male e nominato ancora peggio. Dico No alla riduzione di potere dei territori, non credo alla bugia della loro rappresentanza nel nuovo Senato, è una falsità. Dico no al pestaggio dei territori in nome de “l’interesse nazionale”.

Dico No all’imposizione di una stabilità che non guarda all’interesse dei cittadini; dico No alla pretesa, peraltro impossibile da realizzare, di incidere sulle questioni politiche modificando la Costituzione. C’è l’idea sbagliata che cambiando la Costituzione si migliori la qualità della politica. E’ falso. Modificando la Costituzione si incide sulla qualità della democrazia. Dico no a una riforma che divide la società, imposta dal Governo che non tiene conto dello scarso appoggio da parte dei cittadini.

Sono un cittadino che vuole continuare a poter esercitare i diritti previsti dalla nostra Costituzione; sono un cittadino che vuole continuare a contare con tutti gli altri. Amo la Costituzione. Ecco perché voto NO!

Buon voto a tutti.