mercoledì 13 luglio 2016

Morire d'austerità



 

Molto spesso non ci si pensa, o non ci si fa caso, a quante persone prendono il treno ogni giorno. A quante di queste vivono in ferrovia, e non quella del Frecciarossa con Wi-Fi e poltrone condizionate. No, c'è un popolo che vive sui treni, quelli normali, quelli che fermano in ogni stazione, molto spesso affollati di studenti e lavoratori.

E' brutto accendere i riflettori solo quando succede una strage, ma forse solo in questo modo molti si accorgono che qualcosa non va in questo Paese.
Qualcosa non va perché non abbiamo priorità: spendiamo miliardi per costruire una ferrovia esclusivamente per spedire tonno in scatola ad alta velocità alla Francia. E non interessa il fatto che la Francia abbia detto che quel tonno non le interessa e che può arrivare anche con calma. E' puntiglio: nonostante ci sia un popolo che dica di no, la TAV si farà perché il tonno deve viaggiare comodo e soprattutto a velocità della luce. Perché questa è la motivazione più logica per cui non si molla. Almeno, se rispondessero così invece di tirare in ballo il PIL, ci crederei un po' di più.

Poi si scopre che in molte tratte ferroviarie, del sud ma non vorrei mettere limiti, non ci sono sistemi di sicurezza per tutelare ferrovieri e passeggeri. Lo si scopre, o ce lo fanno scoprire, dopo che 27 persone hanno perso la vita su due treni. C'è qualcosa che non va. E il sospetto mi viene ancora di più quando sento Renzi che dichiara: "Troverò i responsabili". No, se facessi un investimento pubblico sul sud, possibilmente senza secondi fini, sarebbe già qualcosa.

C'è qualcosa che non va se il Presidente del Consiglio si preoccupa più di indagare che di attuare politiche pubbliche in favore della sicurezza sulle ferrovie. L'errore umano ci può essere ma lì è mancata la sicurezza anche per la persona che potrebbe aver fatto l'errore.

C'è qualcosa di strano nelle dichiarazioni perchè, i "faremo" dopo le tragedie sono da manuale, ma non attecchiscono più, per il semplice fatto che fra due mesi, quando i media saranno di nuovo sulla Brexit, i "faremo" si trasformano in "potremmo fare" e poi forse in "avremmo potuto fare". Vedi L'Aquila. Lo dico con tutto l'amore possibile per la politica...

Probabilmente sarebbe da rivedere anche il concetto di spesa pubblica. La spesa pubblica si rileva necessaria, indispensabile per dare soluzione a situazioni pendenti di questo Paese. Senza trattare poi del fatto che in questo modo, forse, quelche posto di lavoro si creerebbe.

Possiamo continuare a vedere nella spesa pubblica il nemico del Paese con la folle idea del pareggio di bilancio ma con la possibilità di avere altre vittime in molti settori; oppure iniziare ad approcciare l'idea, secondo me naturale per uno Stato, che ci deve essere una spesa pubblica, un investimento pubblico sui servizi e sulla qualità della vita.

lunedì 4 luglio 2016

Il sì dei sindaci: fra slogan e realtà



Ho letto con grande interesse l'appello per il Sì firmato da molti sindaci italiani.

E' curioso perchè, a parte gli slogan che considero estremamente semplificativi, ho letto frasi del tutto fuorvianti.
Ad esempio si legge che con la riforma Renzi-Boschi si avrà un iter legislativo più semplice. Proprio in questo campo si crea un immenso pasticcio: il Senato resta, composto da sindaci e presidenti di regione, nominati attraverso una legge ancora da definire, che oltre a poter mettere mano alla Costituzione potranno intervenire nell'iter legislativo stoppando la Camera. Se alla Camera vanno bene le proposte degli pseudosenatori, catapultati a Roma a tempo perso, tutto bene; se però alla Camera non andassero a genio potrebbe tranquillamente superare il veto del Senato con un altro voto. Quindi il procedimento legislativo viene ulteriormente allungato, per chi pensa che già adesso sia lungo.

Continuando nella lettura mi stupisco ancora di più perchè: affermare che, con la nuova riforma del Titolo V diminuiranno i contenziosi fra Stato e Regioni, è un' assoluta falsità. Si spezzettano ancor di più le materie accennando ad una centralizzazione a metà, pasticciata, che porterà a un rapporto difficile fra Regioni e Governo.

E' vero che le opinioni sono egualmente rispettabili ma affermare che, con questa riforma diminuiranno i costi della politica non è un'opinione: è uno slogan che non corrisponde al vero. Quali costi diminuiscono? La struttura del Senato, che comprensibilmente è quella più ampia e costosa, rimane; gli pseudosenatori non avranno stipendio, per ora. Con un minimo di realismo si può immaginare che qualche emolumento arriverà, anche solo per il tempo sottratto ai territori per l'espressione di un parere a Roma.

Quando si accenna all'abolizione delle province la lettura mi affascina tantissimo. Sì, si elimina la parola "provincia" ma sappiamo tutti che abbiamo un nuovo sostituto imprecisato: il mito della città metropolitana. La definizione della città metropolitana si potrebbe esprimere in modo semplice come: la provincia senza elettività, la provincia nominata. Chi sta scrvendo ha partecipato "all'elezione di secondo livello", detta così fa più figo, dei consiglieri metropolitani e, posso svelare serenamente, che un pizzico di senso di colpa l'ho provato. Ecco, ci sarebbe poi il problema del personale da ricollocare ma, in confronto alla rivoluzione lessicale che ci invidia tutta Europa, mi sembra un'inezia.
Ora, io sto un po' ironizzando ma questo appello ha contenuti, a mio avviso, piuttosto leggeri. Ognuno di essi ha mille sfaccettature, all'interno delle quali qualcuno potrebbe trovare anche delle novità positive, ma suonano molto come slogan. Non fraintendetemi, la mia è una critica sempre nel rispetto di tutti i firmatari che credono in quel testo. Però non posso non dire che assomiglia molto a un intercalare di slogan che accompagnano a un finale veramente stupendo, con il botto si potrebbe dire: "Perché l’Italia sia più bella, più forte, più moderna”.
Ognuno si farà la propria idea ma secondo me l'Italia è bella, può essere forte, può essere moderna anche senza questo pasticcio istituzionale. Poi ho come il vago sospetto che la Costituzione del '48, se applicata porterebbe agli stessi risultati: un Paese bello, all'aggettivo "forte" preferisco giusto, e moderno...