martedì 28 giugno 2016

La necessità del PCi: fra analisi e cuore di militante



Lo scorso week-end con mio grande piacere ed emozione ho partecipato all'assemblea costituente del PCI. Incontro fra più di 500 delegati al quale si è arrivati dopo più di un anno di incontri sui territori.
Oltre a esercitare il mio ruolo di delegato, mi sono divertito a osservare il dibattito che ha visto più di 90 interventi, più di 90 opinioni diverse, tutte egualmente rispettate.
Qui secondo me vediamo la prima grande differenza: quest'epoca ci sta abituando a una politica di sopraffazione, ci sta insegnando a prevaricare l'altro. Per non parlare della cultura dell'uomo solo al comando che, pur convocando qualche direzione, le usa per prevaricare chi ha idee differenti. Qualcuno mi potrà criticare per questa affermazione d'altronde, se si osserva analiticamente una direzione renziana, l'elemento che emerge è la prevaricazione degli "innovatori" sui "gufi".
A fare da contraltare a tutto ciò, che sembra essere la nuova politica, i tre giorni di assemblea del nuovo PCI hanno riportato all'ascolto reciproco e a un sano dibattito; che non vuol dire non arrabbiarsi, ma mantenere il rispetto dovuto nei confronti dei tuoi compagni.

Il processo avviato ha un intento molto ambizioso per il quale ci si sta impegnando da 25 anni. Un intento necessario in una società che ha abbandonato la forma partito e soprattutto la rappresentanza di una certa classe sociale. Di tutto questo c'è necessità per riportare la politica nella società, per tornare a dare una rappresentanza unitaria alla classe lavoratrice di questo Paese. Inoltre, essendo io un sostenitore della politica solida, di sezione, di strada; guardo con piacere a un soggetto solido che riapra le sezioni di quartiere dove sì, si parli di politica, ma si provi anche a socializzare e a fare integrazione.

Proprio ieri sera, guardando una trasmissione televisiva, il Ministro Orlando ha bellamente dichiarato che si sta andando verso i comitati elettorali. Noi questo processo lo dobbiamo fermare, lasciamolo agli americani; torniamo alla politica quotidiana, ai partiti, alle discussioni.
Anche per questo vedo con estremo piacere la rinascita del PCI che, certo si dovrà occupare dei problemi del presente e del futuro, avendo però una cultura politica di massa per la massa.

Dopo la passione per l'analisi, arriva il cuore di militante emozionato nel vedere nascere un nuovo soggetto che prende lo spirito da quel partito al quale, se fossi nato un po' prima, avrei sicuramente aderito. Sempre lo stesso militante spera che tutti gli altri compagni, provenienti da esperienze diverse, si riconoscano in questo nuovo partito al fine di costruire un'unica casa comune per i comunisti.

A chi mi ha fatto notare la nostalgia del progetto posso provare a rispondere in questo modo: in un Paese nel quale, per scegliere le politiche, si guarda allo spread e ai mercati finanziari, mi sembra più che necessario costruire un soggetto che guardi al popolo..

lunedì 20 giugno 2016

Il "menopeggismo" al ballottaggio, la risposta



Dopo la riflessione sul voto ai ballottaggi sento di dover fare una precisazione.

Ho preso ad esempio le città di Bologna e di Roma: due realtà molto diverse sia dal punto di vista amministrativo che politico. La riflessione espressa aveva come presupposto la non astensione, specificità che sovviene da un principio, secondo me molto importante,, che è il diritto di voto. Dato per assunto questo, nell’articolo ho espresso quale avrebbe potuto essere la mia scelta se avessi dovuto votare in quelle due realtà.
Provo a spiegare meglio il concetto che m’interessava esprimere: che è un concetto critico dal quale discende la definizione del “menopeggismo”.

E’ bene passare prima dalle due tipologie di voto secondo me in campo in elezioni con ballottaggio: il voto di appartenenza, che presumibilmente si esercita al primo turno laddove è più probabile poter sostenere un candidato e una lista più accostabile ai valori politici, sociali dell’elettore; e il voto d’opinione che potrebbe entrare in gioco qualora non vi siano, al ballottaggio candidati che rappresentino l’elettore.
Come ho detto la scorsa settimana, a Bologna, avrei scelto Coalizione Civica, perché rappresentante di valori in cui credo e espressione della Sinistra. A Roma avrei votato Sinistra Italiana per gli stessi motivi.  Tuttavia, nessuno dei due candidati sindaci, fra Bologna e Roma, è arrivato al ballottaggio.
In questo caso come si procede se non si è avvezzi all’astensione? Entra in gioco il voto d’opinione, non più supportato d valori e ideali, ma mosso da spirito critico valutando i pro e i contro dei due candidati ai ballottaggi.

A Bologna avevamo la sfida fra Merola, PD Centrosinistra, e Borgonzoni, Lega e estrema destra. Su questi due ho applicato la teoria dei pro e i contro; Merola: scelte amministrative sbagliate e simbolo renziano a Bologna, Borgonzoni: espressione di azioni xenofobe repressive e sostenuta da forze palesemente fasciste. Fra questi due soggetti, con opinione critica, avrei scelto Merola. Non perché sia sostenitore delle sue politiche, ma perché dall’altra parte c’era chi alza il braccio destro in piazza e sempre per opinione unita, questa volta a un insieme di valori in cui credo, non mi sembrava una scelta opportuna per Bologna.

A Roma avevamo uno scenario diverso: la sfida era fra Giachetti, PD, e Raggi, Movimento Cinque Stelle. Anche in questo caso applico il voto d’opinione e analizzando i pro e i contro dei due candidati. Il primo, Giachetti, espressione della classe dirigente che a Roma non ha dato bella prova di sé portando alla cronaca accordi con la criminalità organizzata. Potremmo discutere sulla pessima scelta strategica del PD sapendo esattamente chi poteva essere il probabile avversario ma il tema meriterebbe un altro spazio.
La seconda, Raggi, espressione di non si sa quale classe specifica, votata al partito pigliatutto come del resto è il M5S, ma con un grande vantaggio datogli dalla novità. Il fatto che non sia riconducibile alla classe dirigente romana, quella balzata sulle prime pagine, indubbiamente le consentiva un vantaggio.
La scelta d’opinione fra Raggi e Giachetti è la prima, non perché sostenga il Movimento Cinque Stelle, dal quale mi vedo a una distanza incolmabile, ma perché rappresenta un’alternativa al sistema costruito nella capitale.
Se fossi un cittadino romano, premesso che si tratta di un’ipotesi poiché mi manca la conoscenza del tessuto politico e sociale di Roma, avrei visto la Raggi come un’alternativa all’astensione.
Più che una scelta di rappresentanti di idee e valori, qui si mette in evidenza un’alternativa all’astensione. Non credo né a Merola a Bologna, né alla Raggi a Roma: entrambi distanti dal mio voto ideale, tuttavia rappresentano due alternative, simbolo del “menopeggismo”, al non voto.

Mi è stato fatto notare che sceglierei il PD solo in caso di alternativa alla destra ricordandomi che sono alleato con il PD nel comune dove esercito il ruolo di consigliere. Qui dovrei aprire un altro ragionamento includendo anche la possibilità di astensione la quale non è da escludere tuttavia, spero sia chiaro a tutti che l’articolo in questione si riferisce a un ambito territoriale diverso, nel quale non intercorre nessuna alleanza. Vedi ad esempio Bologna e Roma. Mi sembrerebbe particolarmente strano, poiché non sono iscritto al PD, se lo elogiassi genericamente solo in virtù del ruolo da me ricoperto in un territorio dove si sta lavorando sulla base di un programma condiviso specifico. Tenderei a differenziare i due piani.

Spero di aver risposto ai dubbi che sembra aver suscitato il precedente articolo manifestati da più parti. Tuttavia, la conclusione alla quale arrivo è sempre la stessa: sia a Bologna che a Roma, si è giocato un ballottaggio sotto l’insegna del “menopeggismo”.

lunedì 13 giugno 2016

Il menopeggismo al ballottaggio




Domenica le principali città italiane andranno al ballottaggio per scegliere i sindaci che amministreranno per i prossimi cinque anni.
Personalmente non sarò chiamato al voto ma mi sono divertito a immaginare cosa voterei se fossi residente a Bologna o a Roma. La scelta di queste due città è dovuta dalla complessità dell’offerta elettorale e dal conflitto fra idee e candidati al ballottaggio.

Se avessi votato a Bologna al primo turno avrei sicuramente scelto Coalizione Civica: lista con valori e idee nette i cui principi si rifanno alla tradizione della Sinistra. Non ci sarebbe stato neanche bisogno di riflettere, Coalizione Civica sarebbe stata la mia scelta perché rispecchia i valori e le idee per cui mi batto. Per questo non posso non fare i complimenti per il risultato ottenuto, per nulla scontato, che permetterà di avere rappresentanti della Sinistra in Consiglio Comunale.
Tuttavia, non è al ballottaggio lasciando il posto a Merola, PD, e a Borgonzoni, Lega e Centrodestra. Molti pensano che l’astensione sia un’espressione di voto: in molti casi lo è ma in appuntamenti elettorali dovremmo essere mossi dal dovere di scegliere una strada, magari schizzando debolmente una croce sulla scheda.
Nel caso di Bologna il menopeggismo è lo spirito predominante: al ballottaggio si sfidano due candidati che non hanno niente a che vedere con la Sinistra. Borgonzoni è espressione di Salvini e dell’estrema destra; Merola del PD che, per onestà intellettuale, lo definirei di Centro.

Con questo quadro politico che si fa? Stare a casa? Ho già detto che, a mio parere, non è una scelta da prendere in considerazione. Per decidere si può usare una logica a esclusione: Borgonzoni? Così poi ci ritroviamo una città militarizzata xenofoba e con un colore culturalmente non adatto a Bologna? No, evidentemente non è la scelta giusta. L’unico che rimane è Merola che sta privatizzando la quasi totalità dei servizi ma almeno non alza il braccio destro in Piazza Nettuno. Potremmo definirla una scelta democristiana ma che fa un po’ meno paura della Lega e della Destra con il braccio alzato. Pur ricordando le pessime scelte in ambito scolastico e la pessima gestione dell’emergenza abitativa, Merola sarebbe la mia scelta. Non convinta, sapendo perfettamente che continuerà nel suo lavoro di privatizzazione portando a Bologna il vento renziano.

Se a Bologna entrerei in cabina non convinto, a Roma lo sarei ancora meno ma forse con un accenno di speranza. Il ballottaggio romano sarà fra Giachetti, PD, e Raggi, M5S. Se avessi votato a Roma al primo turno, avrei scelto Sinistra Italiana perché più vicino ai valori sociali e politici in cui credo.
Purtroppo, anche sulla scena romana, possiamo dire che il menopeggismo sarà una delle caratteristiche del voto di domenica. Roma, grandi scandali: mafia  capitale con coinvolgimento del PD e Alemanno; Marino fatto decadere senza una seduta consiliare, vittima della prepotenza di Renzi.
Considerati gli scandali, le indagini, il PD ha sfoggiato Roberto Giachetti di cui, tutto si può dire, meno che sia un nome nuovo. Scelta molto discutibile avendo dall’altra parte il Movimento Cinque Stelle con Virginia Raggi che, per lo meno agli occhi dell’opinione pubblica, sembra una candidatura nuova.
Il Movimento Cinque Stelle l’ho criticato e lo continuerò a criticare per la sua opacità e la sua non scelta di campo. Tuttavia, se dovessi votare a Roma voterei Virginia Raggi: non perché creda in lei ma è meno peggio di Giachetti, espressione di Renzi, e per di più del PD: partito balzato alle cronache giudiziarie romane per accordi con la criminalità organizzata. Non voterei certo con convinzione, sceglierei non avendo aspettative, conscio della fumosità dei Cinque Stelle. Appunto, voterei il meno peggio.

Ci sarebbe da riflettere, soprattutto a Roma, sul menopeggismo che amministrerà la città. Chi dice che il meno peggio è Giachetti e chi dice che il meno peggio è la Raggi. L’unico dato di fatto, se vincesse il Movimento Cinque Stelle. è che potrebbe essere un bel banco di prova per dimostrare l’annunciata solidità del movimento alle prese con una città complessa come Roma.