martedì 5 aprile 2016
Caro Presidente, vada a L'Aquila
Ogni anno, all'avvicinarsi del 6 Aprile, provo una sensazione di paura, vergogna, solidarietà, ricordo. Vado immediatamente al 6 Aprile 2009 quando, alle 3.32, un devastante terremoto distrusse L’Aquila e i paesi limitrofi.
Quel giorno lo ricordo molto bene, stavo male e mi misi a vedere le maratone televisive che tutti i canali misero in piedi per raccontare quel fatto terribile. Sappiamo tutti cosa successe dopo: dai set cinematografici per la consegna delle case di Berlusconi ai campi per gli sfollati; dagli scandali mostrati dalle intercettazioni alla mala gestione del post emergenza. Poi più niente, L’Aquila è sparita dalle pagine dei giornali, dai telegiornali tranne qualche sporadico servizio; è sparita letteralmente una città.
Tre anni fa mi trovavo in Abruzzo e una mezza giornata l’ho trascorsa a L’Aquila non avendo la più pallida idea di come si presentasse quella città. Non riesco a trovare aggettivi adeguati per descrivere lo stato del centro storico, forse non ne esistono;. Ci si trova improvvisamente in un altro mondo, ho percorso vicoli dai quali non si riesce a vedere il cielo da quante impalcature sono in azione. Si cammina nel silenzio più profondo, accompagnati dal suono dei passi nella calce, dai cani abbandonati che vagano forse in cerca del loro padrone, da quei pochi attrezzi in movimento. La piazza è deserta, è possibile sentire solo un filo di musica da un piccolo bar. Attraversando i pochi vicoli accessibili si possono immaginare, guardando all’interno delle abitazioni abbandonate, gli istanti precedenti la scossa: cucine ancora apparecchiate per la cena, lavandini con piatti e tegami sporchi; qualcuno stava scaldando un pentolino sul fornello. Passeggiando fra quei vicoli il tempo sembra rimasto fermo a quel 6 Aprile.
Invece sono sette anni, sette anni di silenzio. Allora mi viene quasi voglia di rivolgere qualche riga al Presidente Renzi che, è andato ovunque, meno che lì.
Caro Presidente,
sono sempre io, orgogliosamente gufo. E’ la seconda lettera che le rivolgo pubblicamente, magari qualche suo amico gliela può far leggere.
Presidente, vada a fare un giro a L’Aquila, si sporchi le scarpe nella calce, odori anche lei quella puzza, senta i cani, guardi il cielo fra le impalcature. Ascolti l’assordante silenzio di quella città, vada alla Casa dello Studente, vada in quell’unico bar nella piazza. Faccia un giro a L’Aquila senza Twitter e Facebook; vada a L’Aquila Presidente. Vada là Presidente, vada a L’Aquila dove non c’è nulla da inaugurare in pompa magna ma, da ricostruire c’è tanto.
Non faccia i teatrini con Marchionne Presidente; non ci distrugga il mondo del lavoro; non tocchi la Costituzione che ci va benissimo com’è; vada piuttosto a L’Aquila dove del lavoro ce ne sarebbe molto; vada laddove un suo predecessore ha costruito due casette e poi ha insabbiato tutto. Trascorra una giornata a L’aquila se sa dove trovarla. Invece di ingaggiare campagne offensive contro i suoi oppositori attraverso giornalisti vada là. Le venisse mai voglia di fare qualche investimento pubblico per ricostruire una città senza più cittadini. Vada a fare un giro, magari ritrova la solidarietà.
Inserisca L’Aquila nella legge di stabilità, senza un vero aiuto pubblico non si riuscirà a far rivivere quella città. Presidente, vada a L’Aquila pensando ai ragazzi agli anziani che potrebbero godere di un centro storico. Riapra il caso, non zittisca chi alza la testa; costruisca un progetto positivo, l’unico che giudicherei tale, per ridare vita a L’Aquila.
Faccia un atto alternativo: dia retta a un gufo. Vada a L’Aquila.
La saluto Presidente ricordandole sommessamente che L’Aquila esiste. Forse non farà ascolto, forse non sarà abbastanza cool, ma esiste….
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