Il titolo “la buona scuola” farebbe ben sperare se non fosse per il contenuto che mette qualche perplessità sull’idea di scuola di Renzi. Infatti “la buona scuola” targata Renzi-Giannini appare come l’esatto opposto dei principi previsti dalla Costituzione. Alcuni punti sono palesemente in aperto contrasto con quanto scritto nella Carta: ad esempio l’istituzione di incentivi per chi iscrive i bambini nelle scuole paritarie. Il terzo comma dell’articolo 33 della Costituzione prevede, per il privato, l’istituzione di scuole ma senza oneri per lo Stato. La riforma di Renzi legittima totalmente le paritarie, così facendo, la scuola pubblica laica, democratica, aperta a tutti si vedrà tagliare risorse per dirottarle verso quelle private.
La Costituzione viene disattesa non soltanto in questo passaggio, infatti “la buona scuola” trasforma il sistema scolastico in impresa, con logiche di profitto e di competizione aziendale. A capo di ogni azienda sarà il preside che diventerà un amministratore delegato con poteri punitivi nei confronti degli insegnati che, a suo parere, non svolgeranno bene il loro ruolo. Il preside avrà diretta influenza sull’assunzione degli insegnanti nella scuola che dirigerà, controllando curriculum e facendo colloqui; trasformando così i docenti in propri dipendenti. Inoltre, i futuri amministratori delegati della scuola, potranno attribuire premi di tipo economico a quegli insegnanti che, sempre a loro parere, si saranno distinti per inventiva. Renzi la chiama “autonomia” in realtà è una concezione dannosa per i valori che la scuola deve esprimere, che la Costituzione le attribuisce.
Si va a scardinare un sistema che valorizza la solidarietà, la cultura, gli studenti, per impiantare un sistema individualista nel quale il marketing avrà la meglio. E’ proprio il marketing ad essere al centro della scuola di Renzi, insegnando atteggiamenti competitivi, scordandosi del ruolo sociale della scuola pubblica.
“La buona scuola” spalancherà le porte delle scuole pubbliche al privato, che potrà diventare sponsor degli istituti finanziando strutture e progetti insediandosi poco a poco nell’istruzione pubblica. Nessuno garantisce che il privato non potrà influire anche sulla didattica. Questo è il metodo di finanziamento, proposto da Renzi, per la scuola pubblica; d’altronde, nel documento messo a disposizione dal Governo a Settembre 2014 per raccogliere pseudo pareri, si leggeva chiaramente che lo Stato diminuirà i finanziamenti alla scuola.
Ecco l’alternativa dal Governo: il privato entrerà nella scuola pubblica sostituendo di fatto il ruolo che dovrebbe essere dello Stato.
La scuola che Renzi vorrebbe è una scuola nella quale si viva in perenne lotta gli uni contro gli altri, gli insegnanti non saranno trattati allo stesso modo creando così un’iniquità nel corpo docenti che potrebbe anche, in alcuni casi, influire negativamente sulla didattica. Nella riforma non viene menzionato il diritto allo studio per il quale l’esecutivo chiede una delega ad hoc, il diritto all’istruzione per tutti, non si fa riferimento a quei principi costituzionali che la scuola rappresenta.
Il governo poi si riserva la delega per alcuni aspetti come la riforma del testo unico della scuola, la valutazione degli insegnanti, l’abilitazione all’insegnamento, la riforma degli organi collegiali, sottraendo, in tal modo tutti questi temi al dibattito parlamentare. Si vede, anche questa volta, la forte imposizione dell’esecutivo che lascia poco spazio al Parlamento in balia degli atteggiamenti arroganti del “premier”.
La forma della proposta prevederebbe il protagonismo del Parlamento se non fosse per l’assunzione dei centomila precari inserita nel disegno di legge. Questo potrebbe essere l’elemento che penalizzerà il dibattito al fine di approvare il DDL in tempo per Settembre.
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