domenica 8 febbraio 2015

Il discorso unificante di Mattarella




Martedì scorso il Presidente Mattarella si è insediato e ha pronunciato il suo discorso alle Camere.
Prima di analizzare questo discorso, è necessario premettere che si tratta di discorso d’insediamento: sicuramente indicatore della direzione politica del settennato, tuttavia non lasciamoci prendere troppo dall’entusiasmo perché, come hanno insegnato i nove anni di Napolitano, gli atteggiamenti possono modificarsi.

Premesso ciò, il discorso del Presidente Mattarella ha toccato molti aspetti degni di nota: cominciando dal frequente richiamo alla Costituzione come strumento su cui basare l’atteggiamento imparziale che vuole tenere. La Costituzione come il regolamento da far rispettare: un’immagine molto bella e positiva; il Presidente si è concentrato molto sul testo costituzionale ribadendo sempre l’importanza della sua attuazione.
Mattarella poi ha richiamato le forze politiche ad aiutarlo nello svolgere il ruolo di arbitro; l’essenza del compito di un Presidente della Repubblica.
Trattando il tema delle istituzioni ha citato la centralità del Parlamento e come sia necessaria una soluzione che diminuisca la decretazione dell’esecutivo.

In questo discorso, particolarmente inclusivo, ha dedicato alcune parole ai diritti di cui la Costituzione impone il rispetto: come il diritto al lavoro, riferendosi ai problemi occupazionali diffusi in tutta la penisola; all’istruzione, alla sanità, all’informazione, alla pari dignità.
Su quest’ultima ha ricordato il settore sociale riferendosi esplicitamente alle persone con disabilità e a tutti coloro che necessitano d’aiuto, agli anziani, e a chi opera in questo settore; parole inedite, da tempo scomparse dalla politica nazionale. Chissà se questa espressione indurra un moto propulsivo che riporti la questione sociale al centro. Mantenendo un pizzico di scetticismo, apre uno spiraglio di speranza.

Lungo il discorso del Presidente Mattarella spicca un importante messaggio contro i fascismi e i nazismi che si stanno ripresentando in Italia e in Europa; legandosi a questo ha ricordato la Resistenza e come l’antifascismo sia l’essenza della nostra carta costituzionale. Parole enfatizzate anche dal fatto che il Presidente ha scelto di fare la prima uscita alle Fosse Ardeatine.

Non è stato inaspettato, ma è bene ricordarlo: Mattarella ha dedicato parole molto dure nei confronti del terrorismo che in questo periodo sta facendo molte vittime. Ha nel contempo dedicato molti passaggi anche alle mafie e alla lotta che lo Stato, in tutte le sue componenti, deve intraprendere da sud a nord; si è soffermato su questo passaggio enfatizzando la scoperta delle mafie al nord, storicamente non contemplate. Relativamente a questo il Presidente Mattarella ha sottolineato la trasparenza che si richiede alla pubblica amministrazione, alla politica; perché è attraverso questi soggetti che i cittadini riconoscono lo Stato, ha detto parafrasando.

Il Presidente, poi, ha trattato il tema delle missioni militari, punto sul quale deve fare chiarezza per distanziarsi dalla sua storica azione in Kosovo che risale a quando ha ricoperto il ruolo di Ministro della difesa. In questa parte si è tenuto molto sulla consuetudine, non sbilanciandosi troppo, ma facendo sempre riferimento alla Costituzione. Come, del resto, nel passaggio riguardo alle migrazioni in cui il Presidente Mattarella ha ribadito il ruolo importante che deve avere l’Italia nell’accoglienza.

 Un altro passaggio delicato del discorso di Mattarella, è stato sul percorso delle riforme: tema sul quale si dovrà misurale il suo comportamento imparziale. Ricordiamo come, negli ultimi anni, Napolitano ha abbandonato il ruolo super partes scendendo esplicitamente in campo. Questo è auspicabile non accada di nuovo.

Insomma un discorso che può far ben sperare sull’imparzialità del nuovo Presidente della Repubblica; non è possibile definire il discorso di Mattarella non unificante: in qualche modo ha toccato tutti i diversi aspetti di cui è composta l’Italia. Tuttavia, dopo l’affascinante cerimoniale, si deve passare ai fatti; e in questa fase s’inizierà a capire se il Presidente riuscirà a mantenere l’atteggiamento definito nel suo discorso estraniandosi dai suoi ruoli passati assumendo lo status di arbitro.
 

domenica 1 febbraio 2015

Il successore




Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica: eletto al quarto scrutinio con 665 voti, poco distante dalla soglia prevista per le prime tre votazioni tramite le quali si cerca il più largo sostegno.

Su questa elezione c’è da dire molto, ci sono molti dettagli cominciando dal ruolo strategico di Renzi che è riuscito a tenere unito il PD, schieramento non precisamente governabile. Mattarella è stato scelto arbitrariamente dal segretario PD a poche ore dalla prima votazione ma non votato fino alla quarta votazione, quando il quorum scende dai due terzi alla maggioranza assoluta. Scelta discutibile soprattutto per l’atteggiamento stizzoso di Renzi che, per varie volte, ha ripetuto che il Presidente della Repubblica lo avrebbe eletto il PD: falso in quanto lo schieramento di Renzi poteva far fede solo su 446 voti, che nono sono bastati neanche alla quarta votazione dove servivano 505 voti.

L’imposizione del nome di Mattarella porta con sé molte apparenti vittime: uno di questi è il famoso Patto del Nazzareno con Berlusconi, che non ha digerito molto bene il nome scelto da Renzi, mostrando come fra le righe di quel patto segreto ci fosse anche l’accordo per il Presidente della Repubblica che, alla luce di quanto successo, è stato chiaramente infranto. Se non fosse così non si spiegherebbe il nervosismo mostrato da Forza Italia che, per far notare il proprio lieve disappunto, ha votato scheda bianca; almeno così dicono. Un’altra vittima, subito recuperata, è Alfano e il suo NCD alleato di governo di Renzi che preferivano un altro nome, forse proveniente da destra. Insomma il Centrodestra ne esce spaccato, NCD perché ha dovuto avallare la scelta di Renzi forte del fatto che Alfano ricopre un ruolo di primo piano; Forza Italia perché non tutti hanno rispettato la linea votando Mattarella.

L’M5S meno i fuoriusciti ha invece votato Imposimato, nome scelto in rete, fin dalla prima votazione. SEL, con l’avallo di Vendola che spera forse in un puntiglioso controllo sul Governo, ha contribuito a eleggere Mattarella dopo aver votato scheda bianca e altri nomi nei primi tre scrutini.
Questo il quadro politico che si è determinato con l’elezione del successore di Napolitano.

Ma chi è Sergio Mattarella?
Molti lo conoscono per la legge elettorale che ha preso il suo nome; tuttavia non è conosciuto dai più. E’ interessante il suo curriculum politico dal quale emergono molti chiaroscuri che, sicuramente, non garantiranno l’unità nell’accettare questo presidente. Proveniente dalla sinistra DC, è stato ministro in diversi esecutivi e da questo ruolo provengono i dettagli che provocheranno perplessità; uno su tutti: durante la guerra del Kosovo, Mattarella Ministro della difesa, fece partecipare l’Italia alla missione NATO in continuità con il patto atlantico. Questo fatto potrebbe suscitare dibattito soprattutto in relazione all’articolo 11 della Costituzione del quale, molte forze politiche, chiedono da tempo il rispetto.

Possiamo essere politicamente corretti, rispettando il cerimoniale, augurando buon lavoro al Presidente, ma poi i nodi arriveranno al pettine a meno che Sergio Mattarella non si riesca a distaccare interamente dalla sua carriera passata e a trasformarsi in un arbitro garante della Costituzione. Il ruolo di giudice costituzionale, membro della Consulta che ha da poco rigettato la richiesta di referendum sulla legge Fornero, già lo metterà in conflitto con chi pensa che quel referendum poteva essere concesso, e soprattutto, con chi ha raccolto le firme. Queste sono solo supposizioni, i fatti potranno confermarle o smentirle; certo è che, dalle poche parole che ha pronunciato subito dopo l’elezione, si può scorgere un distacco da quello che è stato il linguaggio di Giorgio Napolitano.

Il primo test, anche se non indicatore precisissimo, sarà il discorso d’insediamento nel quale si potranno osservare le linee guida di questo settennato. Tuttavia i nove anni di presidenza Napolitano insegnano e fanno placare i moti di fiducia che potrebbero sopraffarci. Dopo questi nove anni non sarà più possibile lasciarsi cullare nelle braccia del Presidente senza tenere un occhio sempre vigile. A meno che il Presidente Mattarella non mostri un cambio di rotta radicale alla Papa Francesco per intenderci; a quel punto, allora, potremmo anche pensare di distrarci un po'. Ma non troppo.