mercoledì 14 ottobre 2015

Per una rete del NO





Con 179 sì il Senato ha approvato il testo di riforma costituzionale; il testo ora passa alla Camera per la ricezione delle modifiche apportate dal Senato. Se la Camera approverà quest'ultima versione ci sarà una pausa di almeno tre mesi dopo la quale ciascuna camera dovrà deliberare la riforma a maggioranza assoluta dei componenti. Se in queste ultime votazioni non si dovesse raggiungere i 2/3 dei voti, il referendum sarebbe obbligatorio altrimenti non si avrebbe la certezza giuridica d essere chiamati alle urne.
E' vero, il "premier" ha dichiarato che ci sarà comunque il referendum, ma io preferirei avere la certezza giuridica di ciò.

Ci troviamo in una situazione dalla quale potrebbero scaturire forti pericoli per la democrazia del Paese, più di quelli che già osserviamo. Ricordiamo che questa riforma: è stata proposta illegittimamente dal Governo; è votata da un Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Aggiungiamo poi un clima assolutamente non democratico nel quale si "discute" di questo testo; voti ai quali non assistono neanche tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Un tifo da stadio a colpi di tweet con i quali si discreditano le critiche ridotte a atti di "gufismo". Del dibattito dei nostri padri costituenti ne citiamo ancora delle bellissime frasi; del dibattito odierno, invece, non ricorderemo una virgola; rimarrà, per fortuna dei protagonisti, solo fra le pagine dei quotidiani.

Come si può riformare la colonna portante dello Stato in questo modo?

E' ipotizzabile che non ci saranno più sorprese, le persone che potevano fare qualcosa non l'hanno fatta folgorati da un accordo che consiste solo in un giro di parole. In realtà la sostanza rimane la stessa, detta con parole più belle, ma rimane identica.

Dato questo contesto è necessario iniziare a costruire la rete del NO al referendum, composta da tutti coloro che credono ancora nei valori della Resistenza, nei valori della Costituzione "più bella del mondo". Credo, ovviamente questa è la mia opinione personale, che la rete debba essere composta da cittadini, fondamentali perché la Costituzione è nostra, dei cittadini; da partiti che sono strumento fondamentale dal quale passa formazione, informazione e organizzazione; e associazioni. Tutti coesi verso un fine comune.

Questa secondo me la strada se non vogliamo trovarci a riempire pagine di giornali, saggi, libri scrivendo di "com'era". Il momento è ora; non avremo una seconda possibilità, quindi, facciamo sentire che:
AMIAMO LA PIU' BELLA DEL MONDO


lunedì 28 settembre 2015

Le riforme costituzionali di Renzi: un forte pericolo per la democrazia





Siamo di fronte a un vero e proprio stravolgimento dell’assetto costituzionale del Paese. Il prossimo 13 Ottobre il Senato potrebbe approvare il ddl Boschi rinviandolo così alla Camera con le modifiche apportate dai senatori.
La riforma imposta dal Governo Renzi va a stravolgere quello che è l’assetto istituzionale pensato dai costituenti, frutto di compromessi delicatissimi.
Il primo elemento su cui ci si deve soffermare, vista l’importanza del provvedimento, è la pessima qualità del dibattito che viene percepito quasi come un ostacolo nel progetti scellerati del Presidente Renzi. Vediamo una pressione continua sul Parlamento da parte del Governo che sembra non curarsi della delicatezza del processo che ha illegittimamente innescato. Sì perché si sta approvando una proposta di riforma proveniente dall’esecutivo, mentre la materia costituzionale è prerogativa esclusiva del Parlamento. Non c’è dunque solo l’illegittimità dell’operazione, ma anche l’imposizione di tempi per completare il procedimento.

E’ bene ricordare che la riforma costituzionale, ddl Renzi-Boschi, va a modificare circa 40 articoli della Costituzione. Per utilizzare un paragone si potrebbe dire che si stanno ristrutturando le fondamenta di un palazzo con superficialità quasi come si stesse giocando a Monopoly.
Detto ciò osserviamo da vicino cosa prevede questa riforma facendo contemporaneamente un’analisi su quali potrebbero essere i pericoli innescati da questa ristrutturazione imposta e affrettata.

La fine del bicameralismo perfetto:
abolisce il Senato così come lo vuole la Costituzione attuale. Non si potrebbe occupare più del procedimento legislativo ordinario, ma solo di alcune materie specifiche fra cui: rapporto fra Stato e regioni, controllo sull’attuazione di leggi statali, controllo sull’attuazione delle politiche pubbliche sui territori, partecipazione nel processo di revisione costituzionale, elezione del Presidente della Repubblica e ratifica atti comunitari. L’abolizione del bicameralismo perfetto, senza l’introduzione di nessun nuovo contrappeso, rappresenta un pericolo per l’equilibrio democratico delle istituzioni.

La composizione del nuovo Senato:
la composizione dell’assemblea sarà di 100 membri fra cui consiglieri regionali (almeno 2 per regione), sindaci delle città metropolitane e 5 membri nominati dal Presidente della Repubblica. Non è prevista perciò l’elezione diretta dei senatori; il recente emendamento votato anche dalla minoranza PD introduce un gioco di parole per il quale alle elezioni regionali l’elettore potrà indicare il consigliere da nominare senatore. Tutto ciò però non ha valore in quanto sarà il Consiglio regionale a dover ratificare le nomine dei senatori.
Sotto questo aspetto va evidenziata una questione pratica che potrebbe apparire inutile ma può dire molto sull’importanza data a questo nuovo Senato. Quanti di quegli amministratori locali nominati senatori troveranno il tempo materiale per partecipare gratuitamente ai lavori del Senato? Francamente, in questa versione, sembra un’istituzione inutile destinata ad essere un dopolavoro per molti politici già impegnati sui territori.

Il ruolo del Senato nell’iter legislativo ordinario
Nella riforma si prevede che il nuovo Senato possa intervenire nell’iter legislativo ordinario con proposte di emendamento di provvedimenti in discussione alla Camera. La proposta del Senato, però, non è vincolante infatti la Camera può respingerla.

- La Camera, riformata dalla nuova legge elettorale
Nella lettura della riforma costituzionale va sempre tenuta presente la legge elettorale fatta approvare da Renzi. L’Italicum, valido solo per la Camera dei Deputati, andrà a costituire un’assemblea nella quale non esisterà il pluralismo. Infatti con il nuovo sistema elettorale maggioritario saranno eletti alla Camera pochissimi schieramenti, uno dei quali usufruirà dell’abnorme premio di maggioranza che gli permetterà di ottenere più della metà dell’assemblea anche qualora fosse un partito minoritario nella società.
Basterà che un partito prenda il 40% dei voti perché gli venga attribuito il premio di maggioranza; oppure, nel caso nessun partito  raggiunga il 40%, i due più votati andranno al ballottaggio dove non esiste una soglia da superare per avere la maggioranza assoluta.

- L’introduzione del premierato forte
Applicando l’Italicum, già approvato dal Parlamento, si potrebbe avere una maggioranza minoritaria che indica il governo dandogli la fiducia. Si invertirà di fatto il rapporto di potere poiché il governo potrà esercitare un immenso potere sulla Camera che non sarà più indipendente. L’esecutivo, sulle proposte di legge da esso presentate, potrà fissare i tempi entro i quali il provvedimento dovrà essere approvato.
Questo, unito al fatto che verosimilmente il Presidente del Consiglio sarà anche il capo della maggioranza alla Camera, determina il depauperamento del potere legislativo che sarà relegato a ufficio ratificante dell’esecutivo.
Con questa parte di riforma si annulla il principio della separazione dei poteri e si annullano quei pesi e contrappesi che reggono le istituzioni democratiche. Secondo questo schema il Presidente del Consiglio, capo della maggioranza alla Camera, potrà eleggere il Presidente della Repubblica, i membri del CSM e le altre alte cariche dello Stato. Seppur per l’elezione delle alte cariche serva anche il voto del Senato, data la sproporzione fra deputati (630) e senatori (100), la parola definitiva sarà inevitabilmente in capo alla Camera che sarà comandata dal premier.

- Il referendum abrogativo resta, ma cambia il quorum:
Per presentare la richiesta di referendum abrogativo la riforma prevede 500.000 firme necessarie come nel testo attuale; nel caso che si arrivi a 800.000 firme, il quorum per la validità del referendum si abbassa dal 50% + 1 alla metà dei votanti alle ultime elezioni.
La riforma inoltre abolisce la possibilità di cancellare parti di provvedimenti utilizzando il cosiddetto referendum manipolativo.

- Introduzione del referendum propositivo
Si introduce il referendum propositivo e consultivo, questi istituti dovranno essere disciplinati da provvedimenti della Camera.

- Legge d’iniziativa popolare, aumenta il numero di firme necessarie
Lo strumento che unito al referendum poneva il principio di partecipazione viene modificato: la riforma alza il numero di firme necessarie per presentare una legge d’iniziativa popolare che passa dalle 50.000 attuali a 150.000.
Questo è un ostacolo altissimo per la cittadinanza attiva che si vede toccare uno degli strumenti di raccordo con l’istituzione parlamentare.

- Titolo V, il pastrocchio istituzionale
Un aspetto non molto toccato dai mass media ma comunque parte della riforma costituzionale.

Già l’attuale Titolo V, che spartisce le competenze fra Stato e regioni, è visto di cattivo occhio dopo la recente riforma.
Renzi rincara la dose ponendo ancor più confusione spezzettando le competenze e dandole in carico un po' allo Stato e un po' alle regioni compensando lo strappo con il nuovo senato.
Un vero pastrocchio istituzionale che sembra una statalizzazione a metà, un ibrido che produrrà un vero ginepraio dentro al quale gli amministratori locali dovranno districarsi rapportandosi con il governo nazionale.

Questo è lo schema della riforma costituzionale imposta da Renzi per la quale è entrata in azione una macchina comunicativa finissima, partendo dai sostenitori di Renzi arrivando fino alle istituzioni europee.  Sono recenti le dichiarazioni delle istituzioni comunitarie e internazionali che applaudono a questo stravolgimento costituzionale sforzandosi nel comunicare come la ripresa dell’Italia passi da queste riforme. Si dice che l’immaginazione sia infinita tuttavia, senza politiche pubbliche degne di questo nome, un Paese fatica a ripartire. E non riparte certo cambiando le regole del gioco. 



 La nostra Costituzione è definita “La più bella del mondo”, nata prendendo insegnamento dal passato per migliorare il futuro, dal sacrificio di migliaia di persone. La semplicità con la quale la si sta smantellando è indefinibile, i toni sprezzanti nel dibattito umiliano quel grande sforzo di compromesso che ci fa ricordare ancora oggi interventi dei padri costituenti.
Gli interventi dei “costituenti” di oggi resteranno solo fra le pagine dei giornali fra battute e strappi, e forse sarà meglio così. Come si può accettare che la Carta nata dalla Resistenza venga stravolta in questo modo? Come si possono accettare le battute sulle istituzioni da un Presidente del Consiglio? Come?
Per questo e per gli aspetti visti sopra per i quali la democrazia ne uscirebbe fortemente compromessa, a queste riforme bisogna rispondere con un forte NO, tutti insieme in un forte coro unitario che urli:
AMIAMO LA PIU’ BELLA DEL MONDO


domenica 20 settembre 2015

Amiamo “la più bella del mondo”





Sono sinceramente preoccupato, e non lo scrivo per enfatizzare il post, ma perché questa è la sensazione che sto provando in questi giorni.
Quello che sta avvenendo in Senato è incredibile e inaccettabile: si sta modificando la Costituzione, l'asse portante dello Stato, l'architrave della struttura, a colpi di maggioranza con minacce terrificanti da parte del Governo.

Pochi giorni fa un fatto che dovrebbe fare riflettere noi cittadini, i giornali, gli opinionisti, la società civile di questo Paese: il Presidente del Consiglio avrebbe affermato: "se non abolisco il senato ci faccio un museo".
Pensavo che questo potesse accadere solo in un romanzo, invece è accaduto veramente. Palazzo Chigi ha poi smentito la notizia; tuttavia, il fatto che il re della comunicazione non sia tornato sul tema, la può dire lunga.
Per chi da un minimo di senso alle parole, questa frase è inaccettabile: un pugno alle istituzioni, una terribile mancanza di rispetto alla Carta e ai valori che sancisce. Per come concepisco io il ruolo pubblico, si può essere blu, rossi, verdi ma ci sono delle affermazioni indicibili per chi ricopre un ruolo istituzionale. Non so se bastino le scuse, se mai arrivassero.

E’ necessario soffermarsi anche su un'altra frase del "premier" che non ha avuto eco; tuttavia se la si analizza è forse più grave di quella sopra citata.
Renzi, in una conferenza stampa ha dichiarato che queste riforme sono desiderate da 70 anni. Ciò vuol dire che il "premier" crede che la Costituzione, "la più bella del mondo", sia sbagliata fin dalla sua nascita. Infatti, se si va indietro di 70 anni, si arriva nell'immediato dopoguerra, poco dopo la promulgazione della Costituzione.
Questo secondo me va detto, colpirà o no le coscienze.... A me, personalmente, ha spaventato molto e mi sono sentito toccato in valori in cui credo, su cui baso molte delle mie attività. Poi c'è sempre la scusa del "gufismo" che qualcuno potrà sicuramente utilizzare per interpretare questo post.

Credo che questo sia un momento storico molto preoccupante, difficile e pericoloso che ci potrebbe portare a scrivere mille saggi, mille articoli, mille interviste nel futuro su "quanto era bella". Però penso anche che, prima di passare a questo, si possa e si debba lottare per impedire l'irreparabile; ma non due mesi prima del referendum, se ce lo concederanno. Adesso è il momento di mostrare tutto il dissenso; adesso è il momento di fare informazione. Credo che sia adesso il momento di difendere la Costituzione nata dalla Resistenza, urlando tutti insieme che:
AMIAMO "LA PIU' BELLA DEL MONDO"


mercoledì 29 luglio 2015

Si sente male? La carta prego….




Il sistema sanitario nazionale italiano, il più amato e invidiato nel mondo, sta per essere smantellato pezzo dopo pezzo.

Il Senato ha votato la fiducia sul decreto “Enti Locali” nel quale il Governo ha inserito anche la riforma della sanità con la quale prevede 10 miliardi di tagli e l’americanizzazione del sistema sanitario. Mentre Obama tenta di portare gli USA verso un sistema sanitario simile a quello italiano, l’Italia va verso l’America distruggendo uno degli orgogli del Paese.

Con questo decreto si prevedono tagli per 2,3 miliardi nel 2015, altrettanti nel 2016 e nel 2017, massacrando un servizio che è stato sempre fonte dalla quale trarre risorse per finanziare altro; tutto questo in barba alla Costituzione che sancisce per tutti il diritto alla salute e il dovere dello Stato a garantirlo.
Il Ministro Lorenzin, Insultando l’intelligenza dei cittadini, ha dichiarato che si tratta di “razionalizzazione” e non di “tagli”; falso perché questa riforma non va a ridurre gli sprechi, ma a ridurre, fino a estinguere, i servizi e concorre a spalancare le porte alla sanità privata.

Il decreto prevede un tetto agli esami, visite specialistiche ritenute non necessarie dal Ministero; gli esami “non necessari” non potranno essere ripetuti nei cinque anni successivi all’ultima prescrizione; ai medici che sgarreranno sarà, per ora, decurtato lo stipendio ma si sta pensando a sanzioni.
E se per te è necessario ripetere più volte un esame? Paghi. In perfetto stile americano, le cure, le visite diventeranno a pagamento dimenticandosi dei malati cronici e di tutte le campagne di prevenzione attive in Italia. Si pensi per esempio alla prevenzione contro i tumori, molto spesso oggetto di campagne promosse dallo stesso Ministero della Salute, che invitano a sottoporsi a esami periodici. Dopo, chi potrà sostenerli? I ricchi, soltanto loro, che avranno finanze sufficienti.

E’ evidente che si creerà una situazione pericolosa in quanto lo Stato non garantirà più quello che consiglia e non garantirà neanche le cure necessarie. Sarà inoltre posto un tetto ulteriore ai giorni di degenza in ospedale, già ridotti al minimo indispensabile creando disagi per i pazienti.

Dopo aver annunciato una manovra fiscale scellerata che ridurrà l’attività politica degli enti locali, Renzi bilancia subito con questa riforma del sistema sanitario nazionale altrettanto scellerata. D’altronde, da un governo che non conosce il termine “welfare”, non ci si poteva aspettare nulla di diverso: non un investimento bensì una privatizzazione. Già, perché tutti i presupposti preannunciano uno smantellamento del sistema sociale.

Nel caso il decreto passasse anche alla Camera, nella piena arroganza del “premier”, addio al diritto alla salute che farà posto alla carta di credito.
Se questo significa essere “innovatori”, rivendico, pretendo l’appellativo di “conservatore” se, al contrario. significa garantire un welfare, investire su di esso nel rispetto dei diritti umani e della Costituzione. 

 

sabato 25 luglio 2015

La manovra fiscale: un annuncio populista che potrebbe mettere in pericolo servizi, enti locali e Stato







Ho letto e sentito i punti della manovra fiscale che Renzi vorrebbe attuare: lui la chiama "rivoluzione copernicana"; io invece la definirei: "apocalisse, buco nero, catastrofe".

Questa riforma andrebbe a toccare imposte che attualmente sostengono i comuni, grazie alle quali questi forniscono i servizi facendo già un enorme sacrificio nella costruzione dei bilanci.
Noi ci dobbiamo intendere su un punto centrale: vogliamo che i comuni continuino a far politica per il bene dei cittadini, o vogliamo che i comuni siano lì solo per atti amministrativi? Francamente a me sembra che siamo più vicini alla seconda opzione.
Eppure Renzi è stato sindaco, si dovrebbe ricordare come funziona un comune.

Si parla di "spesa pubblica" senza una distinzione secondo me fondamentale: spesa negativa e spesa positiva. Hanno portato l'opinione pubblica a percepire la spesa pubblica come negativa, come il male dello Stato. Ma se uno Stato non fa spesa pubblica, non garantisce neanche i servizi, non investe. Allora distinguiamo una spesa negativa, prodotta da sprechi che possono sicuramente diminuire, e una spesa positiva che è quella che dovrebbe esserci per la scuola, per la sanità, per il funzionamento del sistema previdenziale e sociale.
Togliere a un Comune la TASI e parte di IMU significa fargli abbassare la serranda perché sarà confinato ad atti amministrativi e non più politici dirimenti per la vita dei cittadini.
Va segnalato che i comuni sono l'istituzione a stretto contatto con i cittadini, il comune è l'istituzione che percepisce maggiormente le condizioni delle persone ed è lo stesso soggetto che deve mettere in campo gli strumenti opportuni per rispondere ai bisogni. Senza risorse composte, in buona parte, dalle imposte oggetto della riforma, crolla tutto il castello. E se crolla il castello, saremo sicuramente perfetti angioletti alati agli occhi della Troika, ma poi liberi tutti, alcuni servizi crolleranno, altri verranno ridotti all'osso e altri ancora, quelli che scaturiscono fisiologicamente dal modificarsi delle condizioni sociali, non saranno nemmeno presi in considerazione. Scelta legittima conoscendo, però, il quadro del problema, che è complesso, articolato, formato da molti aspetti diversi.

Sono convinto che in Italia ci sia un problema legato alla tassazione, che passa dall'evasione fiscale, punto centrale e non uno slogan a mio giudizio; e dal cambiamento repentino di tasse e imposte; sono anche convinto che ci sia un problema di redistribuzione del reddito e delle risorse. Una manovra come quella annunciata da Renzi andrà a peggiorare la qualità dei servizi erogati. Inevitabilmente, perché se la matematica è una disciplina esatta, meno risorse più tagli. Questa è la pratica che gli amministratori locali saranno costretti ad attuare se la manovra dovesse concretizzarsi, non ci sono molte altre soluzioni.

Quindi l'annuncio populista di Renzi, perché di questo si tratta, dovrà essere smentito dai fatti, dalle esigenze del Paese e dai bisogni dei cittadini, magari discutendo di quali sono i veri sprechi, ma quelli reali, e come tagliarli. Perché non può avere un futuro questa manovra, che piacerà a Confindustria, ma che contiene aspetti preoccupanti per il futuro dei servizi, degli enti locali e dello Stato. 

 

lunedì 18 maggio 2015

Italicum incostituzionale. Quali sono le strategie in campo per evitare di aggravare il deficit democratico?



 
Uno dei miei primi rapporti con la politica fu quando mi fermarono a un banchetto e mi chiesero una firma per il referendum sul Porcellum. In quell'occasione firmai e, dopo aver approfondito la legge, decisi che avrei votato al referendum per abrogarla. Poi non fu mai indetto perché i quesiti non furono ammessi. 
Lo scopo è stato raggiunto lo stesso: come sappiamo il Porcellum è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta grazie a un gruppo di avvocati che si sono impegnati per portare la legge a giudizio. 

Adesso il Governo Renzi ha fatto approvare l'Italicum: una legge, se è possibile il paragone, peggiore del Porcellum che, quando entrerà in vigore, causerà un enorme deficit democratico: produrrà il governo della minoranza attraverso un premio che non tiene conto della volontà popolare, abolirà di fatto il principio costituzionale dell'unicità del voto, distruggerà il ruolo dell'opposizione e costruirà una Camera, l'unica elettiva secondo la riforma costituzionale di Renzi, non rappresentativa della società .
Felice Besostri, uno degli avvocati che hanno fatto dichiarare incostituzionale il Porcellum, ha commentato l'Italicum dicendo che presenta, secondo lui, elementi di incostituzionalità. Fra poco sarà anche lui etichettato come gufo, tuttavia ciò che ha dichiarato non è di secondo piano.

Pertanto è già in preparazione una strategia per portare anche l'Italicum davanti ai giudici prima del Luglio 2016. Grazie al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, che mette insieme avvocati, costituzionalisti, associazioni, partiti e singoli cittadini a difesa della Costituzione, si stanno predisponendo i quesiti referendari per i quali si potranno poi raccogliere le firme necessarie.
Inoltre si sta mettendo in campo anche un'altra strategia per essere certi che si arrivi a un giudizio: un ricorso che sarà presentato a tutte le corti d'appello italiane attraverso avvocati e singoli cittadini. 

Ma perché questo articolo? Infondo tutte queste informazioni si possono trovare sui siti ufficiali e si presume, ben presto, anche sui quotidiani. Perché ho deciso di impegnarmi in questo progetto in cui credo molto; credo che sia necessario percorrere questa strada per il futuro del Paese. Molti dicono che si grida troppo all'autoritarismo; io credo invece che, se ci mettiamo a ragionare sull'Italicum e sulla riforma costituzionale che sarà votata, senza spot e senza giocare alla "vecchia fattoria", il pericolo di autoritarismo ci sia e sia piuttosto concreto. Per questo, prima ho sottoscritto gli obiettivi del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, e adesso mi impegnerò, per quanto mi sarà possibile, per aiutare a portare l'Italicum davanti alla magistratura e davanti ai cittadini. 

martedì 5 maggio 2015

L'Italicum e la fabbrica della maggioranza




La Camera ha dato il via libera definitivo alla nuova legge elettorale che entrerà in vigore solo dal Luglio 2016, dopo l’abolizione del Senato elettivo.
Sul metodo di approvazione e sulla qualità della dialettica torneremo più avanti.

Prima, però, è necessario dipanare quello che è un pasticcio di parole e fissare quali sono i punti centrali del nuovo sistema elettorale. L’Italicum, nella sua ultima versione, si rivolge innanzitutto solo alle liste e non più alle patti, infatti, queste sono abolite. Il territorio nazionale sarà suddiviso in 100 collegi plurinominali ad eccezione della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige che avranno collegi uninominali. Esclusi i capilista bloccati, l’elettore potrà esprimere preferenze scegliendo fra i candidati presentati nel proprio collegio all'interno di listini corti e con la possibilità di esprimere due nomi purché siano di genere diverso.
Per accedere al riparto proporzionale dei seggi alla Camera, un partito dovrà superare il 3%: nuova soglia di sbarramento; i seggi saranno assegnati proporzionalmente ai voti presi.

Tuttavia l’Italiche non è assolutamente un sistema proporzionale nonostante si insista a definirlo così. Veniamo al punto centrale del nuovo sistema: il premio di maggioranza. Al partito o alla lista che conquisterà almeno il 40% dei voti validi, sarà attribuito un premio che andrà a garantirgli la maggioranza dei seggi della Camera. Lo possiamo identificare come una scatola di voti fittizi a disposizione del partito, o lista, che raggiunge la soglia.

Se nessuno conquistasse il 40%?
Scatta il secondo turno fra i primi due più votati senza possibilità di apparentamenti: un ballottaggio per attribuire quel pacchetto di voti. Il vincitore del secondo turno, nel quale non ci sono soglie da superare, conquisterà la maggioranza dei seggi. Ecco come emerge l’impianto maggioritario della riforma: chi prende più voti, indipendentemente da quanti, come e perché, conquista l’intero potere.

E’ opportuno analizzare questo sistema elettorale, già preoccupante da sé, considerando il combinato disposto con la riforma della Costituzione: la quale andrà a scardinare l’equilibrio fra i poteri depauperando il Parlamento che sarà ufficialmente strumento ratificante delle scelte dell’esecutivo. La riforma della Costituzione, infatti, prevede un governo padrone della Camera che potrà utilizzare come meglio crede invertendo, di fatto, il legame di fiducia fra potere legislativo ed esecutivo.
L’Italicum produrrà un parlamento senza minoranze e senza pluralismo; la maggioranza potrà scegliere tutte le più alte cariche dello Stato, cominciando dal Presidente della Repubblica a scendere.

E’ necessario dire qualcosa sulla modalità con cui questa legge è stata approvata: si è manifestata un’assoluta arroganza da parte del Governo, promotore illegittimo della legge su un tema che dovrebbe essere prerogativa del Parlamento. Il Presidente Renzi, sfruttando il suo ruolo di segretario del PD, ha tolto di mezzo tutti gli ostacoli all’approvazione dell’Italicum arrivando anche a sostituire dieci membri PD della commissione Affari Costituzionali della Camera per la loro critica alla riforma. Si è inoltre inficiata l’approvazione passando per ben tre voti di fiducia che hanno soppresso la discussione spostando, di fatto, il giudizio sul Governo accantonando quello sul singolo provvedimento. Il voto finale è stato espresso in un’aula semivuota, con la sola maggioranza presente.

Un iter legislativo inquinato da una comunicazione mirata a zittire gli oppositori identificati da Renzi con arroganza stizzosa come “gufi”, “conservatori”, “professoroni”; una linea comunicativa intenta a fare passare come positiva una riforma che mette invece in serio pericolo la democrazia di questo Paese. Questa legge elettorale e la riforma della Costituzione creeranno un grosso deficit democratico facendo largo al premierato forte. Si è sostanzialmente abolito il principio di eguaglianza del voto creando un forte squilibrio: ci sarà voto e voto, ci sarà una maggioranza non rappresentativa, costruita ad arte, e un’opposizione molto limitata nel proprio ruolo.

Questo è quanto Renzi ha fatto approvare: un sistema maggioritario in nome della governabilità che sembra essere più importante della rappresentanza dei cittadini.

mercoledì 22 aprile 2015

Lettera a Renzi nel giorno della sua visita a Marzabotto


Nel giorno in cui il Presidente del Consiglio ha fatto visita a Marzabotto, gli ho indirizzato queste righe.


Caro Premier. No, il Premier in Italia non esiste. Caro Presidente del Consiglio,
Lei oggi si appresta a visitare non un luogo banale, ma un luogo che ha vissuto la Seconda Guerra Mondiale, nel quale si è combattuta la lotta di Liberazione. Lei oggi visiterà il luogo dal quale è partito un forte contributo alla libertà, alla pace, alla democrazia, alla Costituzione.
Leggo che alcuni consigliano di percepire la sua figura qui oggi come rappresentanza delle Istituzioni. Sì, posso anche condividere questo consiglio; tuttavia, poiché gli esseri umani non sono dotati di maschere interscambiabili, Lei oggi rappresenta il Governo, il segretario del PD e colui che sta procedendo a mettere le mani sul testo più importante dello Stato, sulla Costituzione. Siccome oggi visiterà i luoghi da dove è nata la Costituzione, le volevo chiedere se non le sembra di avere oltrepassato il limite. Glielo chiedo da cittadino che legge i giornali e che ha qualche base di diritto pubblico.
A me parrebbe di sì, ma posso anche sbagliare o peccare di eccessivo "conservatorismo", come lei ama definire coloro che da tempo le stanno facendo notare qualche criticità nella sua idea di Costituzione 2.0.
 
Avrei un desiderio, non so se Lei me lo potrà esaudire: stasera, al Tg, e domani sui giornali, non vorrei sentire commenti ironici sulla modifica della Costituzione; non vorrei sentire accuse di "gufismo" verso chi le sta facendo notare che non si è più bambini ai quali è permessa un pò di prepotenza. Sinceramente non vorrei essere al suo posto. Gradirei un discorso elementare dal quale emergano i valori democratici e di solidarietà. Gradirei un discorso che mi facesse pensare, per un attimo, a lei soltanto come rappresentante delle istituzioni. Perchè Lei oggi, francamente, occupa un ruolo al quale è facile avanzare critiche, al quale l'accusa d'ipocrisia arriverà. E' già li sul posto ad attenderla.
 
Le confesso che, se non avessi impegni di studio, oggi sarei li a portare sostegno alla Costituzione del 1948, democratica, laica, intrisa di solidarietà ed etica. Glielo dico con molta serenità e tranquillità, senza voler suscitare polemiche, la sua manovra mi fa paura, mi fa terribilmente paura. Sa perchè? Perchè non so se i miei figli, se ne avrò, o i miei nipoti, potranno vivere con gli stessi valori con i quali sono cresciuto io, per i quali ho scelto di impegnarmi per la collettività. Probabilmente fra qualche mese verranno spazzati via e resteranno solo favole e ricordi da raccontare nel momento della buona notte, articolo per articolo, valore per valore; con un pizzico di nostalgia e con la speranza che prima o poi ritornino.

Buon viaggio,
Saluti
Un amante della Costituzione


domenica 22 marzo 2015

"La buona scuola", è solo il titolo



Il Governo Renzi ha presentato la riforma della scuola; sarà un disegno di legge che andrà in Parlamento secondo il normale iter legislativo. Almeno così sembra perché, all’interno del DDL, è presente anche l’assunzione a Settembre 2015 di 100.000 precari che potrebbe essere il messaggio subliminale del “premier” per accelerare i tempi di approvazione.

Il titolo “la buona scuola” farebbe ben sperare se non fosse per il contenuto che mette qualche perplessità sull’idea di scuola di Renzi. Infatti “la buona scuola” targata Renzi-Giannini appare come l’esatto opposto dei principi previsti dalla Costituzione. Alcuni punti sono palesemente in aperto contrasto con quanto scritto nella Carta: ad esempio l’istituzione di incentivi per chi iscrive i bambini nelle scuole paritarie. Il terzo comma dell’articolo 33 della Costituzione prevede, per il privato, l’istituzione di scuole ma senza oneri per lo Stato. La riforma di Renzi legittima totalmente le paritarie, così facendo, la scuola pubblica laica, democratica, aperta a tutti si vedrà tagliare risorse per dirottarle verso quelle private.

La Costituzione viene disattesa non soltanto in questo passaggio, infatti “la buona scuola” trasforma il sistema scolastico in impresa, con logiche di profitto e di competizione aziendale. A capo di ogni azienda sarà il preside che diventerà un amministratore delegato con poteri punitivi nei confronti degli insegnati che, a suo parere, non svolgeranno bene il loro ruolo. Il preside avrà diretta influenza sull’assunzione degli insegnanti nella scuola che dirigerà, controllando curriculum e facendo colloqui; trasformando così i docenti in propri dipendenti. Inoltre, i futuri amministratori delegati della scuola, potranno attribuire premi di tipo economico a quegli insegnanti che, sempre a loro parere, si saranno distinti per inventiva. Renzi la chiama “autonomia” in realtà è una concezione dannosa per i valori che la scuola deve esprimere, che la Costituzione le attribuisce.
Si va a scardinare un sistema che valorizza la solidarietà, la cultura, gli studenti, per impiantare un sistema individualista nel quale il marketing avrà la meglio. E’ proprio il marketing ad essere al centro della scuola di Renzi, insegnando atteggiamenti competitivi, scordandosi del ruolo sociale della scuola pubblica.
“La buona scuola” spalancherà le porte delle scuole pubbliche al privato, che potrà diventare sponsor degli istituti finanziando strutture e progetti insediandosi poco a poco nell’istruzione pubblica. Nessuno garantisce che il privato non potrà influire anche sulla didattica. Questo è il metodo di finanziamento, proposto da Renzi, per la scuola pubblica; d’altronde, nel documento messo a disposizione dal Governo a Settembre 2014 per raccogliere pseudo pareri, si leggeva chiaramente che lo Stato diminuirà i finanziamenti alla scuola.
Ecco l’alternativa dal Governo: il privato entrerà nella scuola pubblica sostituendo di fatto il ruolo che dovrebbe essere dello Stato.

La scuola che Renzi vorrebbe è una scuola nella quale si viva in perenne lotta gli uni contro gli altri, gli insegnanti non saranno trattati allo stesso modo creando così un’iniquità nel corpo docenti che potrebbe anche, in alcuni casi, influire negativamente sulla didattica. Nella riforma non viene menzionato il diritto allo studio per il quale l’esecutivo chiede una delega ad hoc, il diritto all’istruzione per tutti, non si fa riferimento a quei principi costituzionali che la scuola rappresenta.

Il governo poi si riserva la delega per alcuni aspetti come la riforma del testo unico della scuola, la valutazione degli insegnanti, l’abilitazione all’insegnamento, la riforma degli organi collegiali, sottraendo, in tal modo tutti questi temi al dibattito parlamentare. Si vede, anche questa volta, la forte imposizione dell’esecutivo che lascia poco spazio al Parlamento in balia degli atteggiamenti arroganti del “premier”.
La forma della proposta prevederebbe il protagonismo del Parlamento se non fosse per l’assunzione dei centomila precari inserita nel disegno di legge. Questo potrebbe essere l’elemento che penalizzerà il dibattito al fine di approvare il DDL in tempo per Settembre.

venerdì 6 marzo 2015

Non permettiamo la rottamazione della democrazia


 



L’Italia sta attraversando un momento storico tragico e pericoloso. Oltre alle politiche catastrofiche ed elitarie, il Governo Renzi sta portando avanti un insieme di riforme pericolose della Costituzione.

Prima ancora della critica alle riforme, va avanzata una critica al metodo incostituzionale con cui stanno venendo approvate: la proposta di riforma proviene dal Governo quando, invece, sarebbe prerogativa del Parlamento avanzare eventuali modifiche alla Carta; il clima della discussione è dettato dalla stizza del “Premier” Matteo Renzi, il quale fornisce appellativi stravaganti e irrispettosi a chi si permette di criticare il nuovo assetto istituzionale perpetuando, in tal modo, un’azione svilente nei confronti del potere legislativo. E’ inutile evidenziare la pressione che Matteo Renzi rivolge al Parlamento per limitare la discussione. E’ sotto gli occhi dei più.

Con la riforma della Costituzione proposta da Renzi, accompagnata da  della nuova legge elettorale, si paleserebbe un grosso deficit democratico. Abolendo il bicameralismo perfetto si trasformerebbe il Senato in una camera non elettiva, svuotata dei poteri legislativi e di controllo, in cui andrebbero contemporaneamente al loro lavoro sul territorio consiglieri regionali e i sindaci di città capoluogo. Tutto ciò dando per scontato che queste persone abbiano tempo e coscienza di recarsi a Roma gratis e, con attenzione, discutere dei problemi del Paese e approvare di tanto in tanto una legge costituzionale in tempi contingentati. La Camera dei Deputati, eletta con una legge maggioritaria che falserà la rappresentanza dei cittadini, avrà i poteri attuali ma sarà tenuta a bada dal governo che potrà richiedere tempi certi nell’approvazione delle proprie proposte, innescando così, un sistema di tagliole e canguri che andrà a depauperare il potere legislativo, il quale resta in capo solo alla Camera, trasformandola di fatto in un ufficio ratificante. Quest’assetto distrugge quel delicato sistema di pesi e contrappesi attribuendo poteri  sconsiderati al Governo, che così potrà tenere sotto scacco il Parlamento.
Si sta portando avanti un’operazione non ordinaria, con un metodo assolutamente non partecipativo ed esclusivo, mettendo in campo una comunicazione subliminale e generalista in previsione del referendum, probabilmente concesso da Renzi, prima di promulgare la nuova legge costituzionale. E’ da notare come il Governo ometta i dettagli, con la battuta “i tecnicismi annoiano” nelle spiegazioni della riforma. Evidentemente questo è il sistema con cui si vuole portare i cittadini a pensare che la Costituzione vada riformata in questo modo per diminuire i costi, per velocizzare i tempi di decisione, per eliminare i “partitini” sperando, in questo modo, in una ratifica al referendum.

Nulla però è perduto, infatti, si è appena costituito il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale con l’intento di contrastare questo tentativo di riforma della Costituzione informando i cittadini proprio su quei dettagli, che Renzi ritiene noiosi ai loro occhi, ma che sono parti essenziali per comprendere il rischio che sta correndo l’Italia.

Il Coordinamento è formato da personalità della società civile, sindacalisti, associazioni, partiti e singoli cittadini; uniti con l’intento di far riflettere su questa pericolosa manovra del Governo tutelando la Costituzione dall’ennesimo attacco. Stimolando l’opinione pubblica esclusa dal processo “riformatore”, permettendole di percepire i reali rischi per il futuro.
A volte lo si dimentica, ma si sta modificando l’asse portante dello Stato, la Carta frutto della lotta di Resistenza e poi di grandi compromessi al fine di dare al Paese un faro, una guida da seguire per non ricadere nei terribili fatti vissuti in precedenza. Si sta trattando la Costituzione, “la più bella del mondo” qualcuno l’ha definita, come una legge ordinaria in balia delle prepotenze di Matteo Renzi.

Ecco perché ho dato anche la mia adesione al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale: perché credo che questa riforma vada contrastata per il futuro del Paese; perché credo che la Costituzione si debba applicare prima che modificare; perché non è possibile accettare che un governo stravolga la legge fondamentale dello Stato per di più con atteggiamenti astiosi nei confronti del dibattito, è inaccettabile che l’architrave della democrazia sia toccato con questi metodi e con questi fini.

Credo che debbano essere i cittadini, ogni singolo cittadino, ad affiancarsi a quest’organizzazione costruendo un fronte unitario che stimoli l’opinione pubblica, che contrasti il maltrattamento della Costituzione da troppo tempo presente nel Paese.

Chiedo, a quanti di voi condividessero gli obiettivi del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, ad aderire a questo progetto necessario. Non dobbiamo permettere la rottamazione della democrazia.

Per aderire al Coordinamento: http://coordinamentodemocraziacostituzionale.net/aderisci-al-coordinamento-per-la-democrazia-costituzionale/

domenica 8 febbraio 2015

Il discorso unificante di Mattarella




Martedì scorso il Presidente Mattarella si è insediato e ha pronunciato il suo discorso alle Camere.
Prima di analizzare questo discorso, è necessario premettere che si tratta di discorso d’insediamento: sicuramente indicatore della direzione politica del settennato, tuttavia non lasciamoci prendere troppo dall’entusiasmo perché, come hanno insegnato i nove anni di Napolitano, gli atteggiamenti possono modificarsi.

Premesso ciò, il discorso del Presidente Mattarella ha toccato molti aspetti degni di nota: cominciando dal frequente richiamo alla Costituzione come strumento su cui basare l’atteggiamento imparziale che vuole tenere. La Costituzione come il regolamento da far rispettare: un’immagine molto bella e positiva; il Presidente si è concentrato molto sul testo costituzionale ribadendo sempre l’importanza della sua attuazione.
Mattarella poi ha richiamato le forze politiche ad aiutarlo nello svolgere il ruolo di arbitro; l’essenza del compito di un Presidente della Repubblica.
Trattando il tema delle istituzioni ha citato la centralità del Parlamento e come sia necessaria una soluzione che diminuisca la decretazione dell’esecutivo.

In questo discorso, particolarmente inclusivo, ha dedicato alcune parole ai diritti di cui la Costituzione impone il rispetto: come il diritto al lavoro, riferendosi ai problemi occupazionali diffusi in tutta la penisola; all’istruzione, alla sanità, all’informazione, alla pari dignità.
Su quest’ultima ha ricordato il settore sociale riferendosi esplicitamente alle persone con disabilità e a tutti coloro che necessitano d’aiuto, agli anziani, e a chi opera in questo settore; parole inedite, da tempo scomparse dalla politica nazionale. Chissà se questa espressione indurra un moto propulsivo che riporti la questione sociale al centro. Mantenendo un pizzico di scetticismo, apre uno spiraglio di speranza.

Lungo il discorso del Presidente Mattarella spicca un importante messaggio contro i fascismi e i nazismi che si stanno ripresentando in Italia e in Europa; legandosi a questo ha ricordato la Resistenza e come l’antifascismo sia l’essenza della nostra carta costituzionale. Parole enfatizzate anche dal fatto che il Presidente ha scelto di fare la prima uscita alle Fosse Ardeatine.

Non è stato inaspettato, ma è bene ricordarlo: Mattarella ha dedicato parole molto dure nei confronti del terrorismo che in questo periodo sta facendo molte vittime. Ha nel contempo dedicato molti passaggi anche alle mafie e alla lotta che lo Stato, in tutte le sue componenti, deve intraprendere da sud a nord; si è soffermato su questo passaggio enfatizzando la scoperta delle mafie al nord, storicamente non contemplate. Relativamente a questo il Presidente Mattarella ha sottolineato la trasparenza che si richiede alla pubblica amministrazione, alla politica; perché è attraverso questi soggetti che i cittadini riconoscono lo Stato, ha detto parafrasando.

Il Presidente, poi, ha trattato il tema delle missioni militari, punto sul quale deve fare chiarezza per distanziarsi dalla sua storica azione in Kosovo che risale a quando ha ricoperto il ruolo di Ministro della difesa. In questa parte si è tenuto molto sulla consuetudine, non sbilanciandosi troppo, ma facendo sempre riferimento alla Costituzione. Come, del resto, nel passaggio riguardo alle migrazioni in cui il Presidente Mattarella ha ribadito il ruolo importante che deve avere l’Italia nell’accoglienza.

 Un altro passaggio delicato del discorso di Mattarella, è stato sul percorso delle riforme: tema sul quale si dovrà misurale il suo comportamento imparziale. Ricordiamo come, negli ultimi anni, Napolitano ha abbandonato il ruolo super partes scendendo esplicitamente in campo. Questo è auspicabile non accada di nuovo.

Insomma un discorso che può far ben sperare sull’imparzialità del nuovo Presidente della Repubblica; non è possibile definire il discorso di Mattarella non unificante: in qualche modo ha toccato tutti i diversi aspetti di cui è composta l’Italia. Tuttavia, dopo l’affascinante cerimoniale, si deve passare ai fatti; e in questa fase s’inizierà a capire se il Presidente riuscirà a mantenere l’atteggiamento definito nel suo discorso estraniandosi dai suoi ruoli passati assumendo lo status di arbitro.
 

domenica 1 febbraio 2015

Il successore




Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica: eletto al quarto scrutinio con 665 voti, poco distante dalla soglia prevista per le prime tre votazioni tramite le quali si cerca il più largo sostegno.

Su questa elezione c’è da dire molto, ci sono molti dettagli cominciando dal ruolo strategico di Renzi che è riuscito a tenere unito il PD, schieramento non precisamente governabile. Mattarella è stato scelto arbitrariamente dal segretario PD a poche ore dalla prima votazione ma non votato fino alla quarta votazione, quando il quorum scende dai due terzi alla maggioranza assoluta. Scelta discutibile soprattutto per l’atteggiamento stizzoso di Renzi che, per varie volte, ha ripetuto che il Presidente della Repubblica lo avrebbe eletto il PD: falso in quanto lo schieramento di Renzi poteva far fede solo su 446 voti, che nono sono bastati neanche alla quarta votazione dove servivano 505 voti.

L’imposizione del nome di Mattarella porta con sé molte apparenti vittime: uno di questi è il famoso Patto del Nazzareno con Berlusconi, che non ha digerito molto bene il nome scelto da Renzi, mostrando come fra le righe di quel patto segreto ci fosse anche l’accordo per il Presidente della Repubblica che, alla luce di quanto successo, è stato chiaramente infranto. Se non fosse così non si spiegherebbe il nervosismo mostrato da Forza Italia che, per far notare il proprio lieve disappunto, ha votato scheda bianca; almeno così dicono. Un’altra vittima, subito recuperata, è Alfano e il suo NCD alleato di governo di Renzi che preferivano un altro nome, forse proveniente da destra. Insomma il Centrodestra ne esce spaccato, NCD perché ha dovuto avallare la scelta di Renzi forte del fatto che Alfano ricopre un ruolo di primo piano; Forza Italia perché non tutti hanno rispettato la linea votando Mattarella.

L’M5S meno i fuoriusciti ha invece votato Imposimato, nome scelto in rete, fin dalla prima votazione. SEL, con l’avallo di Vendola che spera forse in un puntiglioso controllo sul Governo, ha contribuito a eleggere Mattarella dopo aver votato scheda bianca e altri nomi nei primi tre scrutini.
Questo il quadro politico che si è determinato con l’elezione del successore di Napolitano.

Ma chi è Sergio Mattarella?
Molti lo conoscono per la legge elettorale che ha preso il suo nome; tuttavia non è conosciuto dai più. E’ interessante il suo curriculum politico dal quale emergono molti chiaroscuri che, sicuramente, non garantiranno l’unità nell’accettare questo presidente. Proveniente dalla sinistra DC, è stato ministro in diversi esecutivi e da questo ruolo provengono i dettagli che provocheranno perplessità; uno su tutti: durante la guerra del Kosovo, Mattarella Ministro della difesa, fece partecipare l’Italia alla missione NATO in continuità con il patto atlantico. Questo fatto potrebbe suscitare dibattito soprattutto in relazione all’articolo 11 della Costituzione del quale, molte forze politiche, chiedono da tempo il rispetto.

Possiamo essere politicamente corretti, rispettando il cerimoniale, augurando buon lavoro al Presidente, ma poi i nodi arriveranno al pettine a meno che Sergio Mattarella non si riesca a distaccare interamente dalla sua carriera passata e a trasformarsi in un arbitro garante della Costituzione. Il ruolo di giudice costituzionale, membro della Consulta che ha da poco rigettato la richiesta di referendum sulla legge Fornero, già lo metterà in conflitto con chi pensa che quel referendum poteva essere concesso, e soprattutto, con chi ha raccolto le firme. Queste sono solo supposizioni, i fatti potranno confermarle o smentirle; certo è che, dalle poche parole che ha pronunciato subito dopo l’elezione, si può scorgere un distacco da quello che è stato il linguaggio di Giorgio Napolitano.

Il primo test, anche se non indicatore precisissimo, sarà il discorso d’insediamento nel quale si potranno osservare le linee guida di questo settennato. Tuttavia i nove anni di presidenza Napolitano insegnano e fanno placare i moti di fiducia che potrebbero sopraffarci. Dopo questi nove anni non sarà più possibile lasciarsi cullare nelle braccia del Presidente senza tenere un occhio sempre vigile. A meno che il Presidente Mattarella non mostri un cambio di rotta radicale alla Papa Francesco per intenderci; a quel punto, allora, potremmo anche pensare di distrarci un po'. Ma non troppo.

lunedì 5 gennaio 2015

L’elezione del Presidente della Repubblica, l’occasione per rimettere i tasselli a posto




Napolitano ha preannunciato le sue “imminenti dimissioni” dalla carica di Presidente della Repubblica. Sembra che, dopo la fine del semestre europeo, Napolitano concretizzi le sue parole. E’ da qualche mese che il mondo dell’informazione ha iniziato il toto nomi per il prossimo Presidente; fortunatamente, all’avvicinarsi delle dimissioni, le previsioni della stampa si stanno affinando quantomeno secondo analisi sulla situazione politica del Paese.

Tutti noi riflettiamo un po' su chi ci piacerebbe vedere al Quirinale; chi vorremmo che i nostri rappresentanti in Parlamento scegliessero per il ruolo di Presidente della Repubblica. Anch’io sto riflettendo su chi mi farebbe sentire realmente rappresentato come cittadino; ma, prima di arrivare alla conclusione del mio ragionamento, voglio discutere un po' la figura di Napolitano: anche perché poi vedremo, come la conclusione alla quale sono giunto, sia legata agli otto anni di carica di Napolitano.
Già qui troviamo la prima anomalia perché non era mai accaduto che un presidente della repubblica venisse eletto per un secondo settennato. Questo può essere uno degli elementi da tenere in considerazione, tuttavia non mi sento di qualificarlo come il più emblematico, importante sì, ma vedremo altri elementi stonanti con la prassi scritta nella Costituzione.

Certamente Napolitano è un personaggio politico complesso, stimato da tanti ma con anche tanti oppositori. La caratteristica che balza agli occhi, spero che lo sia perché si porta dietro numerosi effetti sullo scenario politico, è come negli ultimi anni del settennato Napolitano abbia forzato quello che dovrebbe essere il suo ruolo istituzionale con compiti, doveri e equilibri da rispettare. Il fatto storico che rappresenta questo oltrepassare il limite è la nomina di Monti a Presidente del Consiglio non indicendo nuove elezioni con tutte le conseguenze che questo ha comportato. Ma anche lo stesso Renzi, benché ripeta la falsità del passaggio elettorale, è stato avvicendato a Letta con un intervento di Napolitano senza, neanche in questo caso, indire nuove elezioni per un rinnovamento degli assetti parlamentari.


Credo di non commettere alcun reato se dico che questi fatti oltrepassano quello che la Costituzione e la prassi prevedono per la carica di Presidente della Repubblica.

Questi fatti, che possono sembrare piccole forzature, nel complesso storico fanno la differenza: si prenda l’insediamento del Governo Monti nato interamente al Quirinale quando si sarebbe potuto applicare la democrazia andando al voto. La scusa che si trovò, poi utilizzata in tutti gli altri casi per il suo straordinario effetto, è la situazione precaria dell’economia. Si può dire che la legge Fornero sia nata perchè ci trovavamo in una “situazione precaria dell’economia”.

Tutto questo interventismo del Presidente Napolitano poteva avere solo un effetto: la fiducia non è più fra Governo e Parlamento, ma sostanzialmente fra Governo e Presidente della Repubblica. E’ certamente duro da scrivere, ma è la situazione nella quale ci troviamo: Napolitano è sceso, dal suo ruolo di garanzia, schierandosi con i vari governi.

Un esempio sono tutte le dichiarazioni a favore delle modifiche alla Costituzione; a questo punto Napolitano non è più un garante ma un vero e proprio sostenitore. Logicamente è corretto: dal momento che i governi li ha costruiti lui, li sostiene. Però, in questo modo, viene meno la figura istituzionale del Presidente della Repubblica che dovrebbe essere arbitro tutelando il dettato costituzionale.

C’è ancora un ultimo fatto che vorrei aggiungere prima di trarre le conclusioni: nell’indagine Stato-mafia la figura di Napolitano non ha mostrato una completa chiarezza da “servitore dello Stato”, come molti amano definirlo. Questa vicenda, che ha puntato i riflettori sul Quirinale mostrando dei chiaroscuri, ha evidenziato un Presidente della Repubblica tentennante. Non lo si può negare dal punto di vista dell’opinione pubblica; i sostenitori di Napolitano possono far notare una sfumatura differente, tuttavia l’opinione pubblica avrà tratto le conclusioni sulla figura di questo Presidente della Repubblica che ricadono direttamente sul ruolo da lui ricoperto.

Prendendo in considerazione tutti questi elementi, il prossimo Presidente della Repubblica dovrà ristabilire l’ordine, cominciando dal suo ruolo divenuto troppo interventista. Per questo una personalità collocabile fra la società civile e il mondo politico potrebbe essere la figura che meglio riuscirebbe a ristabilire l’ordine fra poteri e cariche sancito dalla Costituzione. Faccio difficoltà ad arrogare questo compito a un personaggio attivo nello scenario politico attuale che, per questo, potrebbe essere influenzato dalle sue passate posizioni.

Non è mia intenzione fare nomi, tuttavia, un nome non direttamente collegato al dibattito politico attuale, come quello di un costituzionalista ad esempio, potrebbe avere quell'imparzialità necessaria per rimettere tutti i tasselli al loro posto.
Ci troviamo di fronte alla possibilità di ripristinare l’assetto istituzionale ordinario facendo un nome che ridia prestigio alla carica di Presidente della Repubblica. Non sprechiamola.