venerdì 4 aprile 2014

Salvare la Costituzione dal "cambiamento" autoritario


La smania riformatrice, in stile “cambiare tanto per cambiare” non si placa e ci si trova di fronte a continui attacchi alla Costituzione.


Da poco è stato scampato il pericolo dello stravolgimento del lucchetto prezioso della Costituzione rappresentato dall’articolo 138, tuttavia si sta minacciando ancora l’equilibrio della democrazia. La riforma che Renzi nel ruolo di Presidente del Consiglio, è bene ricordarlo, scelleratamente sogna è un monocameralismo di fatto con una seconda camera non elettiva che svolge però compiti di grande valore come: il voto su leggi costituzionali che manterrebbe in concomitanza con la Camera, l’elezione del Presidente della Repubblica, la nomina dei membri del CSM e della Consulta.
Al senato delle autonomie, così si dovrebbe chiamare la seconda camera, accederebbero sindaci dei comuni capoluogo insieme a due sindaci per ogni regione, presidenti di regione, due consiglieri regionali per ogni territorio e personalità nominate dal Presidente della Repubblica. Questa riforma produrrebbe una camera di nominati di diritto che andrebbe a sciogliere quel bicameralismo perfetto, tanto odiato da Renzi, che però svolge la preziosa funzione di equilibrio fra i poteri.

 Sembrano essere stati dimenticati i fatti che hanno portato alla Costituzione e i motivi per cui è stata scritta in questo modo. Il dettato costituzionale è un complicato intreccio di pesi e contrappesi che permettono un equilibrio istituzionale importante per la democrazia. Le misure di cui tanto ci si lamenta sono lì dal 1948 senza impedire alla politica di svolgere il proprio compito. Attribuendo colpe al testo costituzionale si compie una mistificazione perché non è la Costituzione a creare intoppi al sistema legislativo, semmai è il modo con cui si attua a creare il presunto rallentamento delle istituzioni. Rompere un anello dell’intreccio armonico delle norme potrebbe significare un pericolo autoritario per lo Stato.

Il bicameralismo perfetto non è un vezzo dei padri costituenti, ma una tutela preziosa alla stabilità democratica del Paese; è falsa la storiella del rallentamento del procedimento legislativo dovuto al rimpallo dei provvedimenti fra le due camere: alcuni di essi sono stati approvati in brevissimo tempo.

Con la riforma il passaggio dei provvedimenti ordinari al Senato sarà abolito sostituendolo con un diritto di emendazione volontario del senato delle autonomie. In sostanza, qualora il senato delle autonomie producesse un emendamento a un provvedimento ordinario, la Camera può decidere se accettarlo oppure no; nel caso lo respingesse, potrebbe lo stesso approvare la norma. Questo significa spostare il potere legislativo soltanto su una camera, presumibilmente non rappresentativa data la nuova legge elettorale, che potrebbe essere fortemente sottomessa dal Governo per via di un’altra idea renziana per aumentare il potere del premier. La mossa che avrebbe voluto fare Berlusconi quando, commettendo un errore clamoroso, andava dicendo che il Presidente del Consiglio non aveva potere. E’ una grossa falsità poiché il potere del “premier” è proporzionato a tutti gli altri poteri istituzionali.

Tale stravolgimento costituzionale, operato sbeffeggiando con supponenza tutti quelli che lo criticano, non può essere motivato con il bisogno di snellimento dei costi, questo si farebbe in altro modo: tagliando, ad esempio, le spese superflue che non possono essere quelle della democrazia.

Ci si trova di fronte a una vera e propria svolta autoritaria portata avanti diffondendo il messaggio indecente che classifica come conservatori tutte quelle persone che si dichiarano contrarie. Questa terribile mistificazione va respinta con forza e determinazione lottando tenacemente perché questo tipo di cambiamento non sia attuato. Se fosse introdotto, ci si troverebbe di fronte ad un “cambiamento” dal sapore di un passato non remoto.